"That men do not learn very much from the lessons of history is the most important of all the lessons that history has to teach."
— Nereide (@Nereide) October 22, 2022
(Aldous Huxley from 'A Case of Voluntary Ignorance', in 'Collected Essays')
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Gianluigi.ulaula
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PLUTO, L'ODIO-AMORE E L'EFFETTO PELTIER
Inferno, canto XXII
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Cavalieri in marcia, in combattimento e in parata, e talvolta battere in ritirata. Ho visto soldati nella vostra terra, o Aretini, li ho visti fare scorrerie, tornei e giostre. Li ho visti guidati da squilli di tromba, rintocchi di campane, tamburi, segnali dai castelli, strumenti nostrani e stranieri. Ma non ho mai visto un cavaliere, o un fante, o una nave da combattimento muoversi al suono della tromba del culo di un diavolo”.
“Ma cos'è”.
“L'inizio del canto XXII, naturalmente”.
“Leggermente parafrasato”.
“Un pochino. Volevo anche allitterare con i raggi b che balenano nel buio ma sarebbe stato bislacco”.
“Benissimo”.
“Ora possiamo andare avanti”.
“Ecco”.
“Nel canto XXII Dante è scortato dai Malebranche lungo l'argine della quinta bolgia. I dannati, più in basso, sono sommersi nella pece, e ogni tanto si vede emergere qualche schiena,”.
Come i dalfini, quando fanno segno
a’ marinar con l’arco de la schiena,
che s’argomentin di campar lor legno,
“Cos'è che fanno i delfini?”.
“Secondo Dante, segnalano ai marinai di salvare la loro nave dalla tempesta”.
“Ah, ed è vero?”.
“Mah, qualche anno fa ho avuto l'occasione di fare un'uscita con i signori della Jonian Dolphin Conservation, che ci hanno spiegato che quando i delfini vengono in superficie non lo fanno sempre per giocare e divertirsi. A volte compaiono per vedere cosa sta succedendo e per distrarre l'eventuale pericolo dagli individui più deboli, che nuotano più in profondità.”.
“Ma quindi i giochi coi delfini che si vedono nei delfinari…”.
“Per loro i delfinari sarebbero da abolire”.
“Ah”.
“D'altra parte, ci sono documentari, tra cui quelli famosi della BBC, che mostrano come i delfini in qualche occasione abbiano davvero aiutato l'uomo”.
“Beh, magari quando sono liberi possono decidere di farlo oppure no”.
“Già. Questo mostra, comunque, come l'osservazione di un fenomeno sia indispensabile ma non sufficiente. In altre parole, non dobbiamo lasciarci fuorviare dai nostri pre-giudizi: così come quando vediamo un delfino non possiamo sapere se è lì per giocare o per difendere un cucciolo che si trova cento metri sotto di lui, allo stesso modo quando osserviamo un qualunque fenomeno, una qualunque raccolta di dati, non dobbiamo fare deduzioni che ci sembrano logiche ma che non è detto che lo siano. Come dicono gli statistici: correlation is not causation”.
“Certo che parlare di correlazione coi delfini…”.
“Si fa quel che si può con quel che si ha, Dante non ha mica scritto un trattato scientifico. Però ogni tanto mette lì qualche osservazione precisa e dettagliata che ti lascia spiazzato. Comunque basta parlare di delfini, ora parliamo di pece”.
“Preferivo i delfini”.
“Che farebbero molta fatica a nuotare nella pece”.
“Senza dubbio”.
“Perché la pece è un liquido ad alta viscosità”.
“Certo”.
“La viscosità misura l'attrito tra le molecole di un liquido, come se un liquido fosse composto da tanti strati sottili in moto uno rispetto all'altro. Ciò che misura la difficoltà che hanno gli strati di scorrere uno sull'altro è proprio la viscosità”.
“Ok”.
“Tu immergi la mano in una vasca di liquido e provi a mescolarlo: se fai poca fatica il liquido è poco viscoso, se fai molta fatica il liquido è molto viscoso. Si fa meno fatica a mescolare una vasca d'acqua che non una vasca di pece”.
“Naturalmente”.
“E poi c'è un'altra caratteristica di cui tenere conto: se cambia la velocità di mescolamento, cambia la viscosità?”.
“Beh, certo”.
“La domanda è un po' più sottile: certamente cambia la forza, se vuoi mescolare la vasca d'acqua più velocemente farai più fatica, ma c'è una costante di proporzionalità che lega forza e velocità di mescolamento? Oppure non c'è nemmeno quella?”.
“Ah boh. Mi verrebbe da dire che c'è, ma se lo chiedi in questo modo forse la risposta è un'altra”.
“Bene, niente preconcetti! La risposta, comunque, è dipende”.
“Capirai”.
“Ci sono liquidi che mostrano questa caratteristica, questa costante di proporzionalità. Si chiamano fluidi newtoniani, e l'acqua ne è un esempio”.
“Oh, bene”.
“Ma ci sono anche fluidi non newtoniani. Ci sono fluidi, per esempio, per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa aumentare la viscosità: si chiamano fluidi dilatanti, e l'esempio classico che si fa per mostrare la loro strana caratteristica è quello dell'amido di mais”.
“Wow”.
“E ci sono esempi di tutti i tipi. Per esempio, ci sono fluidi per i quali l'aumento della velocità di mescolamento fa diminuire la viscosità: questi vengono detti assotiglianti al taglio”.
“Un esempio?”.
“Il ketchup. Fai fatica a estrarlo dalla bottiglia, ma se la agiti un po' allora il liquido è meno viscoso ed esce meglio”.
“Accidenti, è vero”.
“E ci sono ancora altre caratteristiche: liquidi per i quali aumenta o diminuisce la viscosità in base al tempo di mescolamento, e non alla velocità. Sono detti reopessici i primi e tissotropici i secondi”.
“Quanta roba”.
“In geologia ci sono i reidi, che sono solidi che presentano caratteristiche di deformabilità tipiche dei liquidi. C'è gente che ha studiato la deformazione di due lastre di granito nel corso di vent'anni, pubblicando nel frattempo alcuni articoli scientifici”.
“Ah, come il vetro, che si deforma dopo molto tempo”.
“Purtroppo quella è una leggenda metropolitana, se ti riferisci alle deformazioni delle vetrate nelle chiese”.
“Davvero?”.
“Sì, il vetro non ha quella capacità di deformazione. Tieni presente che quelle vetrate erano poi circondate da strisce di piombo, che ha una viscosità molto minore di quella del vetro: se il vetro si fosse deformato così tanto come si vede nelle vetrate delle chiese, allora il piombo avrebbe avuto tutto il tempo di colare e fare una pozzanghera per terra. La deformazione nel vetro c'è, ma semplicemente perché è stato costruito così”.
“Ah. Che delusione”.
“Per non lasciarti nella delusione, c'è una bella storia sulla pece”.
“Che bella storia ci potrà mai essere sulla pece?”.
“Una storia che ha vinto un premio forse più prestigioso del premio Nobel. Beh, no, non esageriamo, non più prestigioso ma molto ambito”.
“E che premio è? E che storia è poi?”.
“Si tratta dell'esperimento della goccia di pece. La pece, a temperatura ambiente, non sembra proprio un liquido: è molto viscosa e praticamente non cola”.
“E quindi?”.
“E quindi c'è un esperimento in corso che ha lo scopo di osservare la pece che cola”.
“Sai che roba”.
“Un esperimento avviato nel 1927”.
“Eh?”.
“Già. La pece è stata messa all'interno di un imbuto di vetro col fondo tappato, dopo tre anni è stato tolto il tappo, e la pece ha cominciato a colare formando una prima, grossa goccia, che si è staccata dopo… indovina un po'?”.
“Boh? Molte ore? Giorni?”.
“Otto anni”.
“No, dai”.
“Otto. E poi ne sono cadute altre, a distanze di tempo simili”.
“Chissà la festa che fanno quando se ne stacca una”.
“Molto spesso il momento del distacco è stato perso. All'inizio non c'era l'elettronica, e conservare otto anni di pellicola cinematografica non sembrava il caso. Nel 2000 la webcam che doveva filmare il distacco si è guastata poco prima della caduta dell'ottava goccia”.
“Argh”.
“La nona fu ripresa da molte telecamere, ma si appoggiò sulle altre, cadute negli anni precedenti, senza staccarsi. Venne deciso di cambiare il contenitore prima che la goccia si fondesse con quelle sottostanti, ma le vibrazioni la fecero staccare”.
“Ma santo cielo”.
“Insomma, aspettiamo la prossima. Ora c'è una webcam che trasmette su internet un primo piano dell'esperimento, speriamo che finalmente tutto funzioni. Comunque per questo esperimento è stato vinto nel 2005 il premio IgNobel”.
“Oh, bene. Anche se nessuno ha mai visto cadere una goccia di pece, alla fine”.
“Sono riusciti a fare anche quello, con un esperimento gemello iniziato nel 1944, che ha permesso di filmare la caduta nel 2013”.
“Sessantanove anni dopo!”.
“Eh, ci vuole della calma, con la pece funziona così”.
“Dillo ai poveri dannati”.
“Che oltretutto erano immersi nella pece bollente. E che, piuttosto di avere a che fare con i diavoli, preferiscono tuffarsi per non farsi prendere. E i diavoli cercano di raggiungerli, e litigano, e cadono pure loro nella pece”.
“Vabbè”.
“E a quel punto Dante e Virgilio scappano via, lasciando lor così 'mpacciati”.
Il solitario Barricelli e la nascita degli organismi numerici
Gianluigi.ulaula#Popinga
Il MANIAC (acronimo di Mathematical Analyzer, Numerical Integrator And Computer), la cui architettura fu progettata quasi esclusivamente da John von Neumann agli inizi degli anni Cinquanta, era il più potente “cervello elettronico” dell’epoca e fu installato presso l’IAS (Institute for Advanced Study) di Princeton, nel New Jersey. Finanziato quasi interamente con fondi delle forze armate, serviva principalmente per eseguire i complessi calcoli che portarono alla costruzione della bomba termonucleare all’idrogeno. Il suo nome, scherzoso e non ufficiale, faceva il verso a quello dell’ENIAC, che lo aveva preceduto dal 1946, sempre con scopi principalmente militari (e per le previsioni meteorologiche). C'erano cinque kilobyte di memoria totale archiviati nella macchina. Un’inezia per gli standard odierni, ma allora era un arsenale.
Nella finzione letteraria ne parla la testimonianza di Julian Bigelow, l’ingegnere informatico che fu il braccio destro di Von Neumann nella progettazione e nella realizzazione della macchina. Il capitolo si intitola proprio “Un vero scienziato pazzo”.
Appena il MANIAC cominciò a funzionare Johnny chiamò a lavorarci un vero scienziato pazzo.Nils Aall Barricelli.Mezzo norvegese e mezzo italiano.Totalmente folle.A Johnny era venuta un'ossessione per la biologia, e quest'uomo lasciò nel suo ufficio un bigliettino scritto a mano.“Interessato a condurre una serie di esperimenti numerici allo scopo di verificare la possibilità che un'evoluzione simile a quella degli organismi viventi abbia luogo in un universo creato artificialmente”.Con accluse specifiche e alcune pubblicazioni accademiche.Johnny mi chiese cosa ne pensavo.Non aspettò la mia risposta.L'indomani gli accordò libero accesso.Gli disse che poteva far girare qualunque simulazione volesse.Una volta terminati i calcoli per la bomba, ovviamente.
Le sue idee erano deliranti.Voleva imitare all'interno del MANIAC l’evoluzione della vita.“Il primo linguaggio e la prima tecnologia sulla Terra non furono creati da esseri umani. Furono creati da molecole primordiali quasi quattro miliardi di anni fa. Sto pensando alla possibilità che un processo evolutivo potenzialmente in grado di condurre a risultati analoghi si possa avviare nella memoria di un calcolatore”.Credeva nella simbiogenesi.Una teoria estremamente controversa opposta al darwinismo.Spiega la complessità degli organismi viventi attraverso le associazioni simbiotiche anziché mediante la selezione naturale dell'ereditarietà.Una fusione tra forme più semplici.
Sul registro del computer di Barricelli presso l’Institute for Advanced Study, in caratteri scritti a mano a matita datati 3 marzo 1953, c’è il titolo “Problema di simbiogenesi”.
Disseminò di numeri casuali la memoria del MANIAC.Introdusse regole per governare il loro comportamento.È così che li faceva “evolvere”.La sua ipotesi era che avrebbero cominciato a mostrare le stesse caratteristiche dei geni.(...)Ognuno degli organismi di Barricelli era una stringa di numeri.Entravano in contatto si fondevano mutavano morivano o procreavano.Potevano instaurare una simbiosi per diventare più complessi.Potevano regredire a forme piü semplici.Trasformarsi in predatori. In parassiti.
In questo modo si ha una classe di elementi numerici capaci di riprodursi è di subire mutazioni. Le condizioni per un processo di evoluzione in base ai principi di Darwin sarebbero presenti. I numeri, che hanno maggiore probabilità di sopravvivere nell’ambiente creato dalle regole che abbiamo scelto, sopravviveranno. Gli altri verranno man mano eliminati. Si avrà un processo di adattamento all’ambiente, un processo di evoluzione darwiniana”.
In effetti, i progetti di Barricelli hanno anticipato molte attuali vie di ricerca, compresi gli automi cellulari, programmi per computer che coinvolgono griglie di numeri abbinate a regole locali che possono produrre comportamenti complicati e imprevedibili. I suoi modelli hanno una sorprendente somiglianza con gli automi cellulari unidimensionali (reticoli realistici di schemi numerici) proposti da Stanislaw Ulam e, manco a dirlo, da von Neumann, e studiati da Stephen Wolfram.
Ogni due cicli prendeva un campione dalla memoria del MANIAC e lo stampava.Rigogliosi paesaggi matematici simili a giganteschi quadri espressionisti astratti.L'elettroencefalogramma di un folle.Fissava un punto e gridava Perfetto! quando gli organismi si erano scambiati dei "geni" per creare un simbionte.Scandaloso! quando diventavano parassiti.
Sono l'inizio di una qualche forma di vita aliena o semplicemente modelli della vita? No, non sono modelli. Sono una particolare categoria di strutture autoreplicanti, già definite!
Ma alla fine i suoi esperimenti fallirono.Sebbene io abbia creato una classe di numeri capaci di riprodursi e di subire mutamenti ereditari, l’evoluzione numerica non va molto lontano e non ha prodotto in nessun caso un livello di fitness sufficiente a mettere la specie al riparo dalla totale distruzione e ad assicurare un processo evolutivo illimitato come quello che ha avuto luogo sulla Terra e che ha portato a organismi sempre più avanzati. Manca qualcosa che permetta di spiegare la formazione di organi e di facoltà complesse come quelle degli organismi viventi. Per quante mutazioni facciamo, i numeri restano sempre numeri. Non diventeranno mai organismi viventi!Appunti presi in preda alla disperazione.Ciarlatano/visionario?Probabilmente entrambe le cose.Molto in anticipo sul suo tempo.Troppo.Le sue entità numeriche evolvevano in un universo digitale vuoto nel corso dei pochi cicli di calcolo lasciati liberi dalla bomba all’idrogeno.Chissà cosa sarebbe riuscito a ottenere con più cicli a disposizione.Ma svanirono senza lasciare tracce.Molte delle sue idee furono riscoperte in seguito da altri ricercatori che non erano a conoscenza del suo lavoro.Fu Johnny a seppellirlo? Forse.Fra loro accadde qualcosa. Litigarono di brutto.Nessuno dei due ha mai riconosciuto il lavoro dell'altro.Nemmeno una parola nei loro scritti. Ho controllato.Come se non si fossero mai conosciuti.Johnny è ancora riverito come il padre della vita artificiale.Mentre l'altro pazzo non lo ricorda nessuno.Un giorno di punto in bianco gli fu negato l'accesso al MANIAC.Non lo vedemmo mai più.
“Non sono pazzo. Non sono mai stato pazzo. Non sono folle, anche se molte mi hanno definito così. In tutti questi anni travagliati, questi anni infernali passati a lavorare lontano da tutti, ignorato, vilipeso e invisibile, non ho perso la testa, non ho lasciato che lo sconforto mi conducesse alla follia e mi precipitasse nel delirio. (...) Sono un uomo di scienza. Un sostenitore del potere della verità, un avversario dell'ignoranza e un nemico naturale del nichilismo e dell’incommensurabile abisso della disperazione, perché mi sono votato al futuro. (...) Ma io ho visto qualcosa che mi ha fatto capire che esistono lande selvagge irriducibili alla sola logica, qualcosa che si fa beffe dei venerati principi che gli scienziati hanno tanto a cuore, quel loro cuore debole è pavido - ho visto la vita digitale. Non è in arrivo, è qui. Le creature che ho immaginato si stanno evolvendo più in fretta di quanto potrebbe fare un qualunque sistema biologico. Tanto belle quanto inevitabili. (...) Perciò ho sopportato l’umiliazione di divenire un oggetto di scherno. Uno zimbello. Un esempio negativo, deriso da uomini inferiori sospinti in alto dalle volgari gerarchie del mondo. (...) Ormai è la rabbia a sostenermi (...) Perché è stato a causa della rabbia, del puro rancore cieco che una volta - una volta sola - sono andato vicino a perdere la testa. Ira e sdegno, stizza e odio nei confronti della gazza ladra, di quel demonio sorridente, John von Neumann.Ha rubato le mie idee! Ha sabotato e usurpato i miei esperimenti, quei numeri scrupolosamente ibridati tra loro che già traboccavano di promesse di vita, e quando non è riuscito a piegarli ai suoi obiettivi li ha distorti e travisati. (...) Usando la sua influenza, ha seppellito la mia ricerca e anche il mio nome, prima negandomi l’accesso al suo calcolatore (il MANIAC, nome quanto mai appropriato), poi evitando deliberatamente qualunque riferimento diretto al mio lavoro in uno dei suoi libri, proprio quello che - per motivi che mi sfuggono - viene considerato da tutti come il compendio definitivo sugli automi e gli organismi digitali. (...) Non ho nemmeno potuto far ricorso: quel bastardo è morto prima di completare il suo libro. (...) Da allora sono rimasto impotente a guardare mentre altri sfruttavano e mietevano un campo che ero stato io il primo a concimare, seminare e far germogliare. (...) Ed è stato allora, quando mi trovavo a un passo dalla scoperta, quando la mia terra promessa cominciava a profilarsi all’orizzonte, che von Neumann ha preso a interessarsi al mio progetto.All’inizio ne era affascinato quanto me. Arrivava all’istituto nel cuore della notte - l’unico momento in cui mi era concesso lavorare - e mi tempestava di domande molto insistenti. Da quel che sceglieva di chiedere si capiva la qualità del suo pensiero (...) ed ebbi l’opportunità di scrutare dentro la sua testa. Mi chiese se avessi sentito parlare delle macchine di Turing con oracolo. Col tempo sono giunto a considerare quella semplice domanda come un test (...) Turing anelava a qualcosa di diverso [dai calcolatori moderni], una macchina capace di guardare oltre la logica e comportarsi in modo più simile agli esseri umani, che sono dotati non solo di intelligenza, ma anche di intuito. (...)”
“Non dimenticherò mai quel momento. (...) Ero arrivato all’istituto a mezzanotte e stavo scendendo le scale che conducevano al MANIAC, quando (...) mi accorsi subito, con mio estremo sconcerto, che il MANIAC stava lavorando a pieno regime, e che von Neumann stava facendo girare il mio codice. Il mio codice!” (...) Lui mi assecondò è non parve risentirsi per il mio tono, ma quando notai che aveva ottimizzato diverse subroutine e introdotto importanti cambiamenti nei miei successivi cicli computazionali, alterando le mie istruzioni in modi che non riuscivo a comprendere, persi il controllo. Mi sentii a tal punto tradito che lo spinsi via è balzai in avanti per interrompere il processo prima che fosse troppo tardi. (...)Non riesco a ricordare cosa dissi a quel mostro per allontanarlo dal mio esperimento, ma ricordo con assoluta chiarezza che lui reagì in modo sorprendentemente pacato. (...) Fece orecchie da mercante alle mie lamentele e si limitò ad andarsene senza proferire parola, e senza scusarsi per quel che aveva fatto. Né mai si sarebbe scusato in futuro. Quella fu l’ultima volta in cui ci parlammo, e capii subito che i miei giorni col MANIAC erano contati”.
I pipistrelli: l'effetto Andrea Doria ed altre affascinanti curiosità
Partiamo da ciò che meglio si conosce sul loro comportamento: l'ecolocalizzazione. Questo meccanismo, scoperto da Donald Griffin, consiste nell'emissione di ultrasuoni, onde che vengono poi riflesse nell'urto dagli oggetti presenti nell'ambiente in cui i pipistrelli si muovono. A seconda della distanza a cui si trovano gli oggetti, le onde impiegano un lasso di tempo variabile per urtarli e poi tornare indietro ai grandi padiglioni auricolari dei pipistrelli, che fungono da ricevitori e casse di risonanza utili a fornire a questi animali una vera e propria mappa del mondo che li circonda.
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Donald Griffin |
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Il vampiro Desmodus rotundus |
I pipistrelli sono anche animali dalla spiccata capacità di apprendimento sociale, ossia sono in grado di apprendere gli uni dagli altri determinate abitudini, anziché farlo "per tentativi ed errori".
Una ricerca condotta sul pipistrello pallido (Antrozous pallidus) ed altre specie che vivono nella sua stessa area ha evidenziato che possono esserci pipistrelli "maestri" ed "apprendisti" nell'individuazione di fonti di cibo. I pipistrelli "maestri" sono quelli già addestrati ad individuare una fonte di cibo, che localizzano emettendo una frequenza particolare di ultrasuoni; i pipistrelli "apprendisti", volando insieme ai "maestri", imparano ad abbinare gli ultrasuoni emessi dai "maestri" con l'individuazione della fonte di cibo, e la catturano con un successo ben più alto dei pipistrelli che non volano con i "maestri", costretti quindi a farlo "per tentativi ed errori".
Sbagliando s'impara, ma resta pur sempre vero che l'unione fa la forza!
Fonte: Mainardi D., Nella mente degli animali. Mondadori, 2007.
Compiti per martedì
In Francia - nonostante la situazione epidemica non esattamente rosea - la scuola è ricominciata da ormai tre settimane. Giulia quest'anno fa la quatrieme, che corrisponde alla terza media italiana (per ragioni che non afferro del tutto, i francesi contano le classi di medie e superiori al contrario, partendo dalla sixième). Tutti in classe con la mascherina sul viso per tutto il tempo, tranne che in mensa e a ginnastica, sperando veramente che le misure di distanziamento e tracciamento permettano ai fanciulli di restare in classe il più a lungo possibile, ché di didattica a distanza ne abbiamo avuta a sufficienza questa primavera anche qui.
Come ormai in buona parte del mondo, anche noi abbiamo diritto al registro elettronico, con tanto di app per telefonino, splendido strumento per organizzare il lavoro e non dimenticare i compiti, ma anche ottimo nutrimento per le ansie tanto dei ragazzi che dei loro genitori "elicottero". Sulla pagina che annuncia i compiti per la settimana, l'insegnante di storia e geografia della sezione internazionale inglese che frequenta Giulia chiede questo semplice lavoro di ricerca per martedì prossimo:
![Per martedì, preparare la Rivoluzione d'Ottobre](https://www.borborigmi.org/wordpress/wp-content/uploads/2020/09/2020-09-21_Giulia_Homework-600x1065.png)
Irene si è subito dichiarata entusiasta all'idea: finalmente si studia qualcosa di interessante, altro che Carlo Magno o l'impero Bizantino! Io nutro qualche segreta perplessità sue quelle "2 o 3 righe per ogni personaggio o evento", ma per un attimo mi è parso di aver trovato una soluzione situazionista che mi sembra in tono con il tema rivoluzionario: pensato di farle usare Uncyclopedia! Per esempio, per il KGB:
KGB was a chain of fast food restaurants that originated in Stalinist Russia and has operated since Stalin ordered the Comrades of Kentuckistan to organize into a collective in 1954. This is not to be confused with the old KGB, a branch of the Russian secret service, standing for Kool Gangsta Bitches.
E vedere (di nascosto) l'effetto che fa...
I complottisti in mezzo a noi
“Gran Maestro del Male, mi ha chiamato?”
“Vieni pure avanti giovane Occam. Ho letto sui giornali dei nostri nemici che esiste nel mio impero del male un politico che potrebbe detronizzarmi. Chi sarebbe? Chi osa disturbare il mio partito che alle ultime elezioni ha preso il 76%?”
“Un insignificante politico che ha preso appena il 2% e non ha alcun rappresentante al parlamento.”
“Oh, allora bisogna assolutamente ucciderlo.”
“Ma, sire. Non presenta alcun pericolo per il suo trono.”
“Lo voglio uccidere per gioco. Anzi, per mandare un segnale ai miei nemici.”
“Va bene, come vuole Sua Malignità. Una pallottola mentre dorme…”
“No! Deve essere plateale. Pubblico. Usate il veleno più potente che abbiamo.”
“In teoria il Novichok e’ quello più potente ma non ha mai ucciso nessuno. L’ultima volta lo abbiamo messo in un profumo e il doppio agente e sua figlia non sono morti. In più e’ stato creato da noi e viene associato a noi.”
“Perfetto. Usate quello cosi non muore.”
“Maestà, ma non volevate ucciderlo?”
“Si, ma voglio ucciderlo senza ucciderlo cosi i miei nemici avranno un segnale.”
“Ah, e mi raccomando seguitelo passo dopo passo cosi se qualcosa va storto sapremo aggiustare la situazione.”
Due giorni dopo.
“Maestà, il novichok non ha funzionato come da Voi previsto.”
“Bene, dite a chi lo segue di far atterrare l’aereo per emergenza cosi potete salvarlo.”
“Maestà, continuo a non capire il suo piano. Se abbiamo i nostri agenti in quell’aereo perché lo facciamo atterrare per salvarlo?”
“Devo ripetere? Voglio ucciderlo ma non ucciderlo cosi i miei nemici penseranno che ho fatto un complotto e un controcomplotto.”
“Geniale maestà!”
“Ora e’ all’ospedale, che facciamo? Chiudiamo il tubo a cui e’ attaccato per 1 minuto e poi nascondiamo le prove?”
“Nah, speditelo dai nostri nemici cosi lo possono curare.”
“Ma poi vedranno le tracce del novichok e ci accuseranno e ci metteranno sanzioni e bloccheranno il più grande progetto di esportazioni di gas del nostro paese a cui stiamo lavorando da decenni!”
“Esatto. Tutto quello che hai detto avverrà. Cosi i nostri nemici vedranno complotto, controcomplotto e controcontrocomplotto e accuseranno chi negherà di essere un complottista.”
“Geniale!”
***
Ora, chiunque che non sia stato intaccato da un verme nel cervello penserebbe che questa spiegazione del presunto assassinio di Navalny sia non dico solo ridicola ma IMPOSSIBILE. Eppure, chi critica questa versione nevrotica e complottista viene considerato complottista egli stesso.
Pensiamo sempre che la mentalità del complottismo sia relegata a temi come il terrapiattismo, che non siamo mai andati sulla luna, i danni dal 5G ecc. e invece i complottisti sono tra noi, sono il vostro vicino, il vostro professore, il vostro sindaco, il vostro macellaio. I governi sanno che basta individuare un nemico e la gente crederà a qualsiasi cosa pur di confermare i propri pregiudizi.
A voi la conclusione.
La nascita dell’Astrofisica in Italia
di Luciana Ziino, Fondazione GAL Hassin I pionieri dell’astrofisica erano italiani Oggi vi raccontiamo una storia, una storia che segna la nascita dell’astrofisica e che ha per protagonisti una serie di uomini che con coraggio, dedizione e profonda passione dedicarono tutta la loro vita a questa nuova disciplina. Fino all’inizio … Continua a leggere ... →
L'articolo La nascita dell’Astrofisica in Italia sembra essere il primo su Tutti Dentro Sabrina Masiero.
La sfida di APRILE del Matecalendario 2020! Pentamini pasquali!
La più grande concentrazione di potere mai vista nella storia moderna
Distratti, troppo distratti dall’emergenza pandemia la situazione democratica nei paesi occidentali è passata in secondo piano. Eppure ogni giorno è sotto gli occhi di tutti quello che sta succedendo: i governi si sono dati poteri eccezionali, spesso anticostituzionali, spesso senza consultare i parlamenti e hanno di fatto sospeso tutti i diritti fondamentali dei cittadini nonché le regole fondamentali su cui si fondano le democrazia moderne.
Nel caso italiano dobbiamo tornare indietro di molti secoli per vedere una concentrazione tale di poteri in una persona sola. Parliamo della storia preunitaria, prima che lo Statuto Albertino fosse promulgato. Insomma di monarchia. Infatti, neppure durante il Fascismo il potere si era concentrato cosi tanto come in questi mesi con il governo Conte. Mussolini si consultava con il Gran Consiglio, i gerarchi del Partito Fascista e il Re. Giuseppe Conte ha sospeso con una serie di decreti tutti i diritti fondamentali dei cittadini garantiti dalla costituzione senza consultare Parlamento e spesso neppure il Consiglio dei Ministri. Di fatto creando uno stato di polizia permanente con imposizione di misure draconiane, poteri illimitati a forze di polizia e equiparazione dell’esercito alle forze di polizia.
Tutto quello che abbiamo criticato dei paesi autoritari come Cina, Russia e Iran è stato adottato in poche settimane. La situazione istituzionale è preoccupante perché è peggiore rispetto a quello che succede appunto in Cina e Russia dove invece un minimo di bilanciamento dei poteri è esistito. Putin, per dire, ha dovuto parlare di fronte alla Duma.
“Ma si tratta di un’emergenza, sarà solo temporaneo.” Sento dire. E invece il problema è che anche quando questa pandemia sarà finita molte di queste misure rimarranno. Cosi come molte leggi, istituzioni e prassi del fascismo sono rimaste dopo la guerra, cosi come molte leggi anti-terrorismo sono rimaste dopo gli anni di piombo, cosi come il Patriot Act è rimasto dopo l’11 Settembre 2011 cosi molte di queste regole e disposizioni rimarranno nel Dna del paese. Alcune come legge, altre come disposizioni locali, altre come format latenti da tirare fuori quando un governo avrà bisogno di poteri speciali. Nessuno potrà dire nulla quando il prossimo governo Lega-FDI vorrà chiudere i confini o sospendere Schengen o usare i militari per la prossima emergenza migranti. O per una ipotetica Italexit.
Il cammino della vita
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Il Gattopardo: il Principe Astronomo
di Luciana Ziino “Vedi: tu, Bendicò, sei un po’ come loro, come le stelle: felicemente incomprensibile, incapace di produrre angoscia.” Così Don Fabrizio, il principe di Salina, descrive le stelle, rivolgendosi al suo cane pasticcione, l’alano Bendicò: l’osservazione del cielo ha sul protagonista del Gattopardo il potere di estraniarlo dalle … Continua a leggere ... →
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Deir Ezzor
Quando le truppe siriane sono entrate ad Aleppo Est la prima cosa che i soldati hanno scritto sui social network è stata: “La città è vuota. Dove sono le centinaia di abitanti intrappolati?” Impossibile stimare il preciso numero degli abitanti di Aleppo Est ma dopo la sua liberazione pare che fossero tra i 40000 e i 50000, e questo numero includeva pure i militanti jihadisti stranieri provenienti da mezzo mondo. L’intera macchina propagandistica occidentale si era messa in moto per mesi e mesi, usando informazioni false e ricostruite, per lo più prese dallo Syrian Observatory for Human Rights, una “agenzia” di stampa capitanata da un proprietario di una bottega di Coventry, in UK. La BBC prende il 99% delle notizie da un uomo che vive in Inghilterra e che ha “contatti sul terreno” e che come lavoro full time ha un negozio a Coventry. Che giornalismo! Pagato dai contribuenti ovviamente. Tutto quello che i media mainstream vi dicono è premeditatamente edulcorato, cambiato e filtrato e molto più spesso di quanto pensiate inventato di sana pianta. La guerra siriana è il più grande scam dell’epoca moderna, la madre di tutte le fake news. Ogni volta che leggo notizie sui media occidentali e poi le confronto con quelle delle mie fonti locali rimango shockato dall’approssimazione, partigianeria e malignità di quello che viene riportato.
Ora prendete come esempio quello che sta succedendo in questo momento in Siria: una città assediata da 30 mesi dall’ISIS in mezzo al deserto siriano con al suo interno 120000 persone è stata attaccata nelle ultime ore da migliaia di jihadisti che hanno conquistato buona parte dei quartieri vicino all’aeroporto (l’unico modo per civili e militari di ricevere beni di prima necessità). Questa città che per anni ha eroicamente resistito contro un’orda di barbari sta per essere conquistata e i suoi abitanti sterminati. Questa città si chiama Deir Ezzor. Nessuno ne parla, nessun hashtag #savedeirezzor, nessuna crisi umanitaria, nessun ONU che chiede l’intervento della coalizione. Niente, silenzio più totale. Queste persone, civili assediati da anni non meritano alcuna attenzione. Tanto più che questo attacco è risultato letale grazie anche al bombardamento di alcuni mesi fa in cui i caccia americani hanno ucciso quasi 100 soldati siriani e ha permesso all’ISIS di conquistare una collina strategica che si affaccia sull’aeroporto. Ne parlai qui. E guarda caso avviene proprio dopo che il governo siriano stava avanzando verso Al Bab per evitare che la Turchia la conquistasse. I casi della vita. Infatti fa tutto parte di un piano per niente segreto degli USA per cui la parte nord-orientale della Siria deve essere ripulita da elementi siriani/sciiti. E Deir Ezzor è proprio lì a rompere i piani, un puntino rosso circondato dal nero dell’ISIS. Un brufolo di 120mila anime che deve essere eliminato. Con il silenzio complice dei media del mondo.
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11/30/16 PHD comic: 'Academic Apps'
Piled Higher & Deeper by Jorge Cham |
www.phdcomics.com
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title:
"Academic Apps" - originally published
11/30/2016
For the latest news in PHD Comics, CLICK HERE! |
I bambini che non esistono
Ho volutamente aspettato qualche giorno ma niente. Nessuna copertina di giornale, nessuna manifestazione di protesta, nessun commento dall’ONU. La BBC ha perfino edulcorato last-minute un articolo mettendo la notizia in un angolo (vedi screenshot qui sotto). Stile propaganda sovietica, quando i giornalisti dovevano avere i propri articoli approvati da un commissario di partito. La propaganda occidentale moderna è subdola, ed è ben peggiore di quella comunista o nazifascista: almeno questi ultimi le notizie le riportavano distorte oppure aumentavano i numeri di morti e feriti a seconda della convenienza. I media occidentali moderni invece ignorano le vittime e le stragi che non fanno parte della loro linea ideologica. Se non sei su Google, si dice, non esisti. Se una strage non è sulle agenzie occidentali non esiste o se esiste è propaganda del nemico quindi falsa.
Tutto questo per dirvi che i famosi “ribelli moderati” pagati dagli USA hanno bombardato una scuola di Aleppo Ovest, quella ancora sotto il governo siriano. Otto bambini sono morti e 32 sono feriti. Queste immagini qui sopra sono raccapriccianti ma è giusto che le vediate, almeno da questo piccolo blog, visto che per le agenzie giornalistiche questi bambini neanche esistono.
Bonus: ogni tanto sui canali governativi spuntano fuori le prove delle immagini “fake” distribuite dai White Helmets (i volontari pagati dall’occidente per aiutare le popolazioni civili nelle zone dei ribelli) ai media occidentali. Ce ne sono veramente tante (gente che si trucca con polvere bianca e sangue finto, morti che in alcuni scatti aprono gli occhi o sorridono) ma questa la supera tutte. In pratica qualcuno dei ribelli ha uploadato il video per sbaglio senza tagliare la parte iniziale. Ma il web non perdona e non si può più tornare indietro una volta che hai schiacciato il bottone invio. Queste sono le fonti ufficiali da cui i media occidentali abboccano ogni giorno. Buona visione!
The international community are basing their reports on #Syria by relying on such bullshit!!
Re-tweet and expose the #WhiteHelmets pic.twitter.com/UUS9UyHObD— maytham (@maytham956) November 21, 2016
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Pubblicare da morti [Pillole]
Solo Paul Erdős può farlo, mi sa.
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Gli orologi di Fourier — 1. Homer Simpson destrutturato
“Guarda che bello!”.
“Ma cos'è?”.
“Un orologio…”.
“…con le lancette che vanno al contrario”.
“Eh, vabbé, è un orologio matematico. L'importante è che abbia almeno due lancette che si muovono a velocità diversa”.
“Almeno? Quante lancette vuoi?”.
“Un numero qualsiasi, basta che ruotino a velocità diverse”.
“Un orologio complicato”.
“Oh, sì, e lo complichiamo ulteriormente. Immagina di sommare, in un certo senso, le lancette”.
“E come si fa?”.
“Come se tu dovessi sommare dei vettori. In realtà quelle che tu chiami lancette dell'orologio sono vettori rotanti”.
“Ah. E come li sommo? Con la regola del parallelogramma?”.
“Quello è un modo, altrimenti potresti sommarli mettendoli in sequenza, la coda del secondo vettore parte dalla punta del primo. Quello che i fisici chiamano metodo punta-coda”.
“Vediamo: se li sommo con la regola del parallelogramma, otterrei una figura del genere”.
“Molto bene”.
“Non saprei come fare una figura in movimento col metodo punta coda, però”.
“Ecco qua:”.
“Ahh, ma è bellissimo! Epiciclo e deferente, vero?”.
“Esatto”.
“E adesso?”.
“E adesso sporchiamo un po' la figura: vediamo che traccia lascia la somma delle due lancette”.
“Molto bella”.
“E immagina i disegni che si possono fare con tre lancette, o quattro, o molte di più”.
“Chissà che complicazioni”.
“Guarda qua:”.
“!”.
“Bello, eh?”.
“Meraviglioso, ma come hanno fatto?”.
“Con una tecnica scoperta da Fourier”.
“E come funziona? Non saranno andati per tentativi, no?”.
“Eh, no, hanno preso l'immagine che volevano ottenere e hanno fatto andare le lancette al contrario”.
PI GRECO: FORMULA DI STIRLING E TORTE NUZIALI
Per celebrare questo magico numero in questo post parleremo di un'importante formula in cui fa capolino pi greco.
Iniziamo la sua presentazione riportando un interessante passo da "Le grandi domande, Matematica" di Tony Crilly:
"L'onnipresenza dei computer nella vita moderna ha fatto sì che occorra un gran numero di formule nell'ambito della «combinatoria», la branca della matematica che calcola le possibili combinazioni di oggetti. Tre oggetti, diciamo a, b e c, danno luogo a 3 × 2 × 1 = 6 «permutazioni» (abc, acb, bac, bca, cab, cba) e fin qui non serve una formula. Ma se, ad esempio, stessimo considerando dieci oggetti, il numero di possibili permutazioni salirebbe a 3.628.800, e a un valore formidabile di 9,33 × 10¹⁵⁷ oggetti. Adesso chiaramente una formula ci risparmierebbe molta fatica. Ed è qui che viene in nostro aiuto la «formula di Stirling», così chiamata dal nome del matematico scozzese James Stirling. Che nella formula compaiano anche la costante π e la costante di eulero e è una sorpresa. La presenza di π, che in genere ha a che fare con le circonferenze, e di e, che ha a che fare con la crescita, ci ricorda i nessi sorprendenti che ci offre la matematica, a maggior ragione considerando che il problema originario riguarda solo la moltiplicazione di numeri interi. Eppure la formula è notevole anche per la bontà della sua approssimazione al valore effettivo: nel caso di 100 oggetti se ne discosta appena dello 0,083%."
Dunque, tirando le fila del discorso incominciato da Crilly, la formula di Stirling (detta anche approssimazione di Stirling o formula approssimata di Stirling o formula di Moivre-Stirling, giacché fu il francese de Moivre il primo a stabilirla, anche se con una costante diversa) fornisce la valutazione approssimata del fattoriale di un numero n › 0.
Continua a leggere...»
La storia degli avvistamenti di volti umani ed oggetti sulla superficie di Marte
Succede a volte in Rete di trovare siti più o meno seri o testate giornalistiche che alla continua ricerca di click propongono, ai loro lettori, storie di strani avvistamenti avvenuti sul noto pianeta rosso. Tra le varie foto pubblicate, ci si può imbattere in quelli che a prima vista sembrano davvero oggetti e costruzioni più varie che viene facile associare per istinto ad antiche civiltà o che suscitano in molti fantasie sugli alieni.
Marte – immagine ripresa dalla sonda Viking 1 e pubblicata dalla NASA il 31 Giugno del 1976
Ovviamenti alla NASA non sono cattivoni e non c’è nessun complotto in atto per nascondere le prove dell’esistenza di antiche civiltà su Marte. Purtroppo è tutto frutto del nostro cervello, l’organo più importante che abbiamo e grazie a cui siamo quelli che siamo, non è infallibile. Perchè dunque molti sono portati a vedere cose strane su Marte? Un ruolo essenziale lo gioca la pareidolia, ovvero la tendenza a ricondurre a oggetti a noi noti quelle che in verità sono forme casuali. Quando osserviamo una qualsiasi cosa, la nostra mente tende a ricercare nell’archivio dell’esperienza pregressa un qualche cosa che già conosce e da associare a ciò che stiamo guardando. Questo processo di identificazione e categorizzazione degli oggetti, fa parte del nostro sistema di apprendimento e della nostra natura.
Marte – la stessa foto ripresa negli anni recenti dal Mars Reconnaissance Orbiter con la telecamera HIRISE
Questa immagine, nota come “Faccia su Marte” o Volto di Cydonia dimostra con quale facilità può essere ingannato il nostro cervello. Un altro esempio recente è il seguente, quella che sembra una sorta di “scultura” calpestata dal rover Curiosity della NASA.
La verità è che vediamo e cerchiamo di vedere volti ovunque, per ora gli unici alieni che abbiamo trovato su Marte sono quelli costruiti nella nostra testa. Seguono esempi vari di paraidolia
Una faccia dove meno te l’aspetti
Un uccellino o una chiesa?
Una temibile scopa aliena
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Macchine che imparano #1: autori e autrici
![](https://2.bp.blogspot.com/-KOub-RxLUrM/VwEd4zpyr1I/AAAAAAAAI2o/qsVwSx0IpqkI0ji1VBoPlmX34sNYVG0Tg/s320/author.jpg)
Una volta uno di noi gli domandò se fosse in grado di capire, leggendo un racconto anonimo, di determinare il genere dell'autore (cioè se fosse uomo o donna). Il docente rispose che sì, con un po' di esercizio e di intuito si riesce abbastanza facilmente. Non fummo abbastanza cattivi da metterlo alla prova con alcuni nostri racconti privati dell'indicazione dell'autore.
Ora, un compito di questo tipo sembra richiedere una tale dose di intuizione e di sensibilità, doti squisitamente umane, che difficilmente potremmo pensare di affidarlo a una macchina.
Eppure qualcuno ci ha pensato, e in rete si trova persino una pagina in cui potete verificare l'abilità del computer in questo difficile esercizio.
![](https://3.bp.blogspot.com/-8UQibvd5UQY/VwEeblBosKI/AAAAAAAAI2s/SJVNngYc-2g0wCuxR9RisdR_LPC1LLDxg/s320/machine-learning-ai-artificial-intelligence.jpg)
A partire da questo post comincerò a esplorare questo vastissimo ambito dell'intelligenza artificiale di cui oggi si sente parlare sempre di più e sul quale università e aziende stanno investendo in misura sempre maggiore.
L'idea alla base dell'apprendimento automatico è molto semplice: affinché un computer riesca a risolvere un tipo di problema particolarmente difficile, come quello descritto sopra, la strategia migliore è la stessa che gli insegnanti utilizzano spesso con i propri studenti: mostrare alcuni esercizi svolti, e poi verificare se gli alunni sono in grado di risolvere da soli altri problemi dello stesso tipo.
Nel panorama odierno dell'intelligenza artificiale il machine learning è la tendenza di gran lunga dominante. Sono da un bel po' considerati old-style gli approcci utilizzati da metodologie come i sistemi di produzione o i sistemi esperti: programmi la cui ambizione era possedere fin dall'inizio l'intera base di conoscenza relativa a un dato argomento, ed essere così capaci di risolvere ogni problema di un certo tipo in maniera diretta, sulla base di deduzioni logiche.
La debolezza dei sistemi esperti era la loro incapacità di imparare dall'esperienza.
Negli anni Settanta e Ottanta, per esempio, si realizzarono sistemi esperti il cui compito era effettuare diagnosi di malattie in funzione dei sintomi segnalati dai pazienti. Anche ammettendo di poter introdurre in un simile sistema tutte le conoscenze dei migliori luminari del pianeta, il programma, una volta confezionato, poteva iniziare a formulare diagnosi, magari anche azzeccate, ma era destinato a restare un medico artificiale sempre uguale a se stesso: in altre parole, non era in grado di imparare dalla propria esperienza, cioè dai propri successi e dai propri errori.
![]() |
Tratto da http://eecs.wsu.edu/~cook/ml |
Questo approccio si è rivelato ottimale per un insieme innumerevole di problemi, soprattutto quelli molto complessi per i quali non esiste una formula esatta per determinare a colpo sicuro le risposte e le predizioni desiderate.
In altre parole, a causa della complessità di questi problemi, non possiamo più ambire alla perfezione assoluta, ma dobbiamo anzi accettare una percentuale di errore (comunque limitata).
Le tecniche di un tempo, fondate su schemi rigidi di deduzione, cercherebbero di risolvere questi problemi in modo esatto, ma impiegherebbero tempi biblici prima di produrre qualcosa, il che francamente non è quello che desideriamo.
Uno dei modi per superare questa empasse è il machine learning. Un altro filone algoritmico di cui ho già parlato in passato (ad esempio qui e qui), è costituito dai metodi euristici: anche questi, seppure attraverso un percorso un po' diverso, soddisfano il bisogno di meccanismi meno rigidi, che accettano l'approssimazione e che si avvicinano alla soluzione del problema attraverso una ricerca graduale.
I due mondi, apprendimento automatico e tecniche euristiche, non sono tra di loro separati in modo netto, ma si intersecano reciprocamente in molti casi.
![](https://3.bp.blogspot.com/-VLDjh9astkw/VwFBONsY8vI/AAAAAAAAI3o/DoTpM312FHMLis41pnxJzuH2JJBoTykVg/s400/data-978962_960_720.jpg)
Da queste confuse e furiose basi di conoscenza si vorrebbe poter estrarre informazioni pregiate, che purtroppo se ne stanno solitamente ben nascoste come minuscoli aghi d'oro nello sterminato pagliaio informativo. Le numerose tecniche basate sull'idea dell'apprendimento automatico escono spesso vincitrici in questo genere di sfida, a condizione che i dati vengano inizialmente "puliti" e resi omogenei, che venga scelto l'algoritmo più appropriato per il problema da risolvere, e che il programma sia ben addestrato nella fase iniziale.
L'esempio con cui ho aperto questo post è emblematico. Per poter sviluppare un programma capace di riconoscere se un racconto è stato scritto da uno scrittore o da una scrittrice, possiamo certamente pensare ad un approccio di tipo "machine learning". Certo, occorre prendere oculatamente alcune decisioni importanti, per esempio scegliere un algoritmo di apprendimento che si presti a questo ingrato compito. Nella prossima puntata di questa serie entreremo nel merito matematico di una di queste tecniche di apprendimento, e vedremo di applicarla al problema dell'identificazione del genere dell'autore.
Il premio Abel 2016 a sir Andrew Wiles
Il suo contributo non sarà forse stato "profondo", ma sicuramente ha avuto un'enorme influenza.
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Storie di ordinaria malasanità, Milano, Lombardia, Italia
Sui giornali, da anni, viene magnificato il SSN lombardo, viene preso come riferimento, dicono sia uno dei migliori, se non il migliore in Italia.
Per mia fortuna, fino a pochi mesi fa, non ne ho avuto bisogno, però ero felice di sapere che, se ne avessi avuto bisogno, era tra i migliori.
Purtroppo, da dicembre, causa diagnosi di una malattia, seria, sono costretto ad averci a che fare.
In questo post, non vi racconterò dei mesi di attesa per ottenere un appuntamento, non vi racconterò, nemmeno, di quanto ho pagato di ticket, e non vi racconterò che gli appuntamenti alle 15 e 30, come minimo significano 16 e 30 ma devi essere li, per l’accettazione alle 15, no non vi racconterò di queste cose, le conoscete già.
Cosa vi vado a raccontare, allora, di nuovo e che non conoscete?
Seguitemi, vi farò ridere molto, anche se la cosa, in se, è tragica.
Partiamo dal presupposto che io sono malato e ho alcune complicazioni, non simpaticissime e il 16 di gennaio telefono al CUP, 800.638.638, e prenoto un esame.
Ogni volta che prenoto un esame, mi chiedono se voglio essere avvisato 3 giorni prima per email, io rispondo, si e poi mi chiedono se voglio ricevere anche un SMS, e io rispondo, si.
Ho fatto molti esami e NON ho mai ricevuto una mail o un SMS tre giorni prima, anzi, proprio mai.
L’ultima volta lo faccio presente e mi dicono strano, insisto, e mi rispondono che non è colpa loro, perché devono mandarli gli enti eroganti il servizio, vabbè, ho iCal che svolge egregiamente il suo servizio.
Ad onor del vero, ricevo sempre le mail di conferma della prenotazione.
Ho divagato, scusatemi, ma faceva ridere, anche questa cosa.
Stamane, ore 7 e 30, mi presento, prendo il numerino, mi chiamano e, rullo di tamburi.
Come è possibile che abbia prenotato la visita presso di noi?
Sono 2 mesi che il medico è andato in pensione e la dottoressa non ci sarà per lungo tempo.
A me lo chiedete?
No, è per dire.
Abbiamo provato a contattarla, ma il numero era sbagliato.
Guardi il numero l’ha scritto una sua collega, copiandolo dal display e comunque la mail era giusta, visto che il CUP mi manda le mail di conferma.
Silenzio.
Se vuole le prendo un appuntamento il 26, dall’altra parte del mondo.
…
La mia religione non mi permette il linguaggio scurrile e quindi il fanculo è rimasto, solo, nella mia testa.
Mentre scendevo le scale, incazzato nero, incontro una che, sorridente, mi dice: l’hanno fatta arrabbiare, eh?
Io le rispondo, si, mi hanno dato appuntamento e il medico non c’è più.
Da come ha cambiato l’espressione della faccia, posso solo pensare che fosse la dirigente.
Ora, potete pensare quello che volete, che si può sbagliare che può succedere, ma non si manca di rispetto a persone malate, gli strumenti per avvisarmi c’erano, è chiaro che qualcuno si è dimenticato di comunicare che non c’erano più medici per quel tipo di visita, ed è chiaro che solo all’interno di quella struttura potevano saperlo, però quello che fa incazzare è la mancanza di volontà, il malfunzionamento di un servizio informatico, che abbiamo strapagato, l’incapacità di inviare una mail.
Fanculo, stronzi!
Tags: cup, italia, lombardia, malasanità, milano, prenotazione, servizio sanitario regionale, ssn, ssn lombardia
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Black Hole Moon
Black Hole Moon
What would happen if the Moon were replaced with an equivalently-massed black hole? If it's possible, what would a lunar ("holar"?) eclipse look like?
—Matt
"Not much" and "not much."
![Doctors warn that even sunglasses that block UVB will only protect you from the part of the Sun covered by them.](/imgs/a/129/eclipse.png)
A black hole the mass of the Moon would have an event horizon about the size of a sand grain. Specifically, according to one of my favorite charts, a black hole moon would be a grain of fine to medium-fine sand, and could pass through a sieve of size ASTM No. 70 or larger. I mean, I guess a black hole with the mass of the Moon would pass right through any sieve, destroying it in the process, but that's neither here nor there.[1]The expression "that's neither here nor there" can be kind of confusing and ambiguous, but I guess that's neither here nor there.
Since the Moon's mass and position wouldn't change, the tides on Earth wouldn't change, either. When you're floating outside a spherical mass, its pull on you is the same regardless of whether the mass is concentrated at the center of the sphere or spread out throughout it. If the Sun were replaced by a black hole of the same mass, the Earth's orbit wouldn't change, although life on Earth might.
With the Moon gathered into a point, there'd be no moonlight, which would affect the life cycles of all kinds of nocturnal animals. But compared to a lot of the other things we've done, that would be fairly minor. The Earth's orbit is stabilized by the Moon, but the lunar-mass black hole would probably serve the same role.
This black hole Moon would be pretty low-profile. If it were much smaller, it would evaporate through Hawking radiation, but a black hole the size of the Moon actually absorbs more energy from the cosmic background radiation than it emits through the Hawking mechanism. Our black hole would really be black.
![Not actual size, but actually not that far off.](/imgs/a/129/phases.png)
At least, if it didn't eat anything. If the black hole devoured any objects, it would let off a tremendous blast of radiation. Black holes burn brightly as they devour things; the whirlpool of matter heats up as it falls inward, causing it to glow brightly.[2]A black hole can't devour matter too fast, though, because at some point it would be producing so much radiation that it would blast its own "food" away. This is called the Eddington limit.
If our black hole were devouring matter at the Eddington limit, it would be hot enough to sterilize the Earth.
Fortunately, there's not a lot out there for it to eat, so it wouldn't glow very brightly for now. It would spend most of its time drastically altering the orbits of nearby dust particles—one sand grain pushing other sand grains around.[3]Even if it sucked in matter at the rate the Earth—with its much larger "collecting area"—sucks in interplanetary dust, it wouldn't necessarily be a problem for us.
But there would be one interesting effect: In addition to getting darker, Earth would get colder, because moonlight warms the Earth. It's a very tiny contributor to our global energy balance; the Moon is five or six orders of magnitude dimmer than the Sun. But it's there.
Measurements show that global temperature varies with a 28-day cycle; all else being equal, the Earth is hottest during the full moon. It's a tiny difference—small fractions of a degree—but it's there.
But it turns out most of this effect is not due to moonlight. The largest contributor is the fact that the Earth is slightly closer to the Sun during a full Moon:
![SUN 90,000 KILOMILES](/imgs/a/129/barycenter.png)
Calculating the amount of energy radiated back to Earth by the Moon is deceptively tricky. The Moon reflects sunlight, but with some surprising twists. When the Moon is half-illuminated, you might think it would be half as bright as when full—but it's much less bright than that. And once you account for that, there are even trickier effects to deal with, because science is the worst.[4]Like the fact that the waxing Moon is 20% brighter than the waning Moon, or that the Moon is a mild retroreflector. Then, on top of all the weird visible-light effects, the Moon also heats up under the Sun, then radiates that heat as infrared light.
There's a great discussion of the Moon's effect on the Earth's energy budget in this article by Robert Knox. The upshot is that the Moon's infrared heat radiation turns out to affect Earth's temperature about 10 times more than the visible moonlight, but still about 10 times less than the effect from gravity moving Earth closer and farther from the Sun. Knox even quantifies the effect this has on Earth's radiation balance—the presence of infrared moonlight warms the planet by 1.2 milli-degrees Fahrenheit (m°F).
![I mean m°R difference.](/imgs/a/129/unit.png)
Without moonlight, the planet would cool down slightly. But given the accelerating rate at which we're adding CO2 to the atmosphere—which changes the Earth's energy balance—we'd make up the difference in a couple of weeks.
So all in all, the conversion of the Moon to a black hole might not even be that big of a deal.
Unless, of course, it happened on certain days between 1969 and 1972, in which case Nixon would've needed yet another one of those speeches.
![Let's try to put a man on the beach in Florida. This man, specifically.](/imgs/a/129/nixon.png)
Pippo Galileo
![](https://lh3.googleusercontent.com/-eJTFeu_Yofk/VOCvwCfWkyI/AAAAAAAAL3U/O6ObHLX3L5k/s400/20150215-pippo_galileo_cover.jpg)
Ora, invece, eccovi due parole sullo scienziato che ha ispirato la storia, estratte da un ritratto che avevo scritto nel 2009:
![](https://lh6.googleusercontent.com/-0h9ASm2rMEA/VOC2dh6jwxI/AAAAAAAAL3k/tqCb_AHQOHg/s278/20150215-galileo_galilei.jpg)
Le sue opere più importanti: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano (pdf), dove difende il sistema copernicano, parlando delle prove sperimentali a suffragio di questo modello; Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (pdf), dove pone le basi per la meccanica classica, utilizzando la matematica e gli esperimenti; Il Saggiatore (pdf), dove pone le basi per il metodo scientifico; il Sidereus Nuncius (pdf), dove raccoglie tutte le sue osservazioni astronomiche.
Per approfondire: it.wiki, oppure il portale del Museo Galileo di Firenze
I martiri di Cordova
Antibufala: SismAlarm, “allarme anti-terremoto” sul Corriere della Sera
![](http://4.bp.blogspot.com/-nI8yP-QLpsk/VL5ZzaUoT3I/AAAAAAAAZwY/UObzfij9PxQ/s1600/2015-01-20%2Bsismalarm.jpg)
È apparso sul Corriere della Sera il 17 gennaio scorso un articolo che parla di SismAlarm, definito “allarme anti-terremoti”, a firma di Alessandra Dal Monte.
Al prezzo di 99 euro e di un'installazione estremamente semplice, il dispositivo promette un preavviso di una “manciata di secondi prima della scossa distruttiva”, come dice nell'articolo Maurizio Taormina (che è amministratore delegato della Guardian srl, società di San Marino, ma questo il Corriere non lo specifica).
A prima vista il principio di funzionamento sembra sensato: ogni sisma genera solitamente un'onda primaria, che si propaga rapidamente e anticipa l'onda secondaria, che è quella più energetica e distruttiva. Questo è vero. Il Guardian, dicono i suoi creatori, rileva quest'onda primaria e genererebbe un allarme acustico e visivo che può mettere in allerta gli occupanti dell'edificio.
Ma se si fanno due conti in condizioni realistiche emerge un problema molto serio: applicando questo principio di funzionamento, il preavviso possibile, cioè quella “manciata di secondi” di cui parla Taormina citato dal Corriere, ammonta in pratica a un paio di secondi o poco più, come spiega anche Alessandro Amato su Scienza in Rete: un tempo assolutamente insufficiente a compiere qualunque azione concreta per affrontare il sisma in arrivo.
Non a caso il manuale del dispositivo dice chiaramente (screenshot qui sotto) che “L’unità potrebbe non avere il tempo di allertare gli occupanti prima del verificarsi del sisma. L’unità è progettata e calibrata per generare un allarme quando viene rilevato il fronte primario dell’onda sismica, il quale dovrebbe essere seguito da un fronte secondario maggiormente distruttivo. A causa di numerose condizioni ambientali e di installazione l’unità potrebbe non avere sufficiente tempo per generare l’allarme prima che il terremoto causi danni a cose e/o persone.”
Inoltre l'articolo del Corriere segnala che “A dicembre il Dipartimento di Protezione civile ha presentato una segnalazione” (link) “per «pubblicità ingannevole» all'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato.” In effetti la segnalazione della Protezione Civile lascia poco spazio ai dubbi (l'evidenziazione è mia):
la pubblicità sembra indurre il consumatore a sentirsi "al sicuro" acquistando il prodotto: i messaggi veicolati sono privi dei necessari riferimenti alle caratteristiche dei forti terremoti che potrebbero colpire l'Italia, in cui il raggio di azione del fenomeno distruttivo è tipicamente limitato, con conseguenti tempistiche di allerta nulle, ovvero di pochi decimi di secondo o pochi secondi, nelle aree epicentrali in cui possono manifestarsi condizioni di pericolo per le persone.
In sintesi, il prodotto fa esattamente quello che dice di fare, ma quello che fa è inutile all'atto pratico, per cui acquistarlo rischia di essere uno spreco di denaro e di creare una falsa sicurezza che può distrarre da interventi antisismici più concreti ed efficaci.
Fonti aggiuntive: Butac.it.
Il “bisonte” a turbina
Gianluigi.ulaulaFuturismo
![](https://lh3.googleusercontent.com/-vEKuj69Wamg/Uc6XcdwDH1I/AAAAAAAArDo/eXB4pyx-HuM/s0/cdp19640628_26_380.jpg)
PIXAR STORY A MANTOVA!
I fatti drammatici di questi ultimi giorni hanno fatto passare in secondo piano altre comunicazioni che questo blog avrebbe potuto segnalare con maggior rispetto della adeguata tempistica dei loro appuntamenti.
In straritardo, segnaliamo quanto avverrà a Mantova l’11 gennaio, alle ore 17 presso la libreria IBS.
Pietro Grandi (sopra in foto, la location è evidente), stra-esperto di cartoons e in particolar modo della Pixar, presenta il suo libro sul tema, del quale sono stato onorato di scrivere la presentazione:
http://www.ibs.it/libreria/mantova/mn.html
La presentazione del libro si ripeterò anche anche a febbraio a Torino, al Temporary Museum, ma questa e altre date sono ancora da decidere.
A Mantova Interviene la giornalista Valeria Dalcore.
Pixar story. Passione per il futuro tra arte e tecnologia
Realizzare un sogno, mettere al mondo un’idea, immergere lo spettato- re in storie d’avventura: questa e` la missione dello studio di animazione Pixar.
In questo libro toccherete con mano la cultura della “passione per il futuro”, ripercorrendo le sue radici: dalle prime sperimentazioni degli anni Trenta, alla nascita della Computer art negli anni Sessanta, fino all’epoca piu` recente, dove gli spettatori, grandi e piccoli, sognano perdendosi in mondi colorati e ricchi di dettagli digitali. I progetti della Pixar, cosi` come pensati da Ed Catmull, immaginati da Steve Jobs e costruiti magistralmente da John Lasseter, sono un mix perfetto di creativita` e tecnologia. Il risultato e` una “Wunderkammer dei segreti”: un micromondo che ci stupisce e meraviglia a ogni visione.Dietro la storia della Pixar, in fondo, c’e` un grande amore per il mondo e una passione scottante per la narrazione.
Ma ci sono anche le persone, gli insegnamenti, gli errori, la curiosita` e l’amicizia, tanto che se ne potrebbe fare un film… o un libro.
Premessa di Luca Boschi, Giornalista e Storico del fumetto e dell’animazione:
“If you can dream it, you can do it!”
In tempi recenti non ci si è risparmiati a ripetere questa battuta significativa di Walt Disney, sintesi paradigmatica del potenziale eversivo della sua mente creativa, capace di dare tridimensionale consistenza anche ai pensieri più immateriali o azzardati. Forse non è nemmeno inopportuno accostare questa ottimistica prospettiva di lavoro all’altrettanto pluricitata frase “I have a dream” di Martin Luther King, che aspirava a rivestire di concretezza le aspirazioni di un domani migliore, ovviamente in un contesto affatto diverso da quello dei film animati.
A maggior ragione, questo principio-guida sembra attagliarsi quasi alla lettera a un altro “concretizzatore di sogni” del nostro tempo: l’animatore e regista John Lasseter il quale, con tenacia e perseveranza, sta scandagliando con successo le possibilità di tradurre in 3D fantasie oniriche e idee sfrenatamente fantasiose.
Per farlo, si è abbandonato alla voglia di trasmettere sentimenti genuini, valori non effimeri, emozioni coinvolgenti e divertimento, lasciando il segno nel cuore degli spettatori. Per molti di loro i film della Pixar, la fabbrica creativa di Lasseter, hanno oggi lo stesso marchio di garanzia che un tempo era data solo ai classici lungometraggi di natale del “Mago Walt”.
Va da sé che il papà di Mickey Mouse non ha mai effettivamente pronunciato la frase che gli è stata attribuita, che è farina del sacco di Tom Fitzgerald, valente responsabile della progettazione di attrazioni per i parchi tematici Disney. Nello specifico, la sua efficace dichiarazione si poteva leggere nell’area di Epcot, sita nel parco di Walt Disney World in Florida, ed era legata a Horizons, attrazione all’epoca dedicata al futuro dell’uomo e oggi dismessa.
I più maligni potrebbero pensare che l’attribuzione errata a Walt sia stata studiata a tavolino da qualche addetto alla comunicazione per accrescere l’aurea di mito attorno alla figura del creatore dei lungometraggi narrativi animati e di un intero immaginario. Personalmente preferisco pensare a un incidente: Tom Fitzgerald è riuscito a elaborare una frase ancor più disneyana di quella che lo stesso Walt avrebbe saputo concepire, per questo il lapsus è stato inevitabile.
Ma torniamo a Lasseter.
Da decenni un fil rouge corre fra la sincera empatia suscitata negli spettatori dalle più memorabili pellicole Disney, e le sensazioni provocate dai “fabbricanti di sogni” della Pixar. Dove stanno le differenze e dove le affinità fra questi due mondi?
Tra Walt Disney e John Lasseter c’è stato veramente un passaggio di testimone, o piuttosto si tratta di due poetiche distinte, figlie ognuna del proprio tempo e degli strumenti tecnologici a disposizione?
Per interrogarsi su questo tema, per porsi molte altre domande e darsi delle risposte, bisogna prima di tutto informarsi, quindi studiare l’origine della Pixar, ripercorrere i successi che costellano la sua strada, e anche gli intoppi e i momenti di stallo che, come avveniva talvolta anche per Walt, sembravano suggerire loro di cambiare rotta o addirittura mestiere.
Il libro di Peter ripercorrerà le radici del mondo digitale Pixar, le sue specificità, i suoi uomini e i suoi film. È un incredibile concentrato di informazioni in uno spazio tutto sommato compresso, mai ridondante o difficile, scritto da Pietro Grandi, il più entusiasta appassionato di animazione contemporanea che abbia mai conosciuto, sicuramente uno dei più informati e competenti analisti dell’universo Pixar da questo lato dell’oceano.
Uno dei primi incontri che ho avuto con Pietro è avvenuto nel 2011, a Milano, in occasione del viaggio in Italia di Lasseter per inaugurare la bella mostra dedicata ai primi 25 anni di storia della Pixar; nella successiva conferenza al Teatro Dal Verme, John, inevitabilmente fasciato in una camicia dai colori sgargianti tratta dall sua sterminata collezione, ha dispensato suggerimenti, consigli e moniti a una folla di addetti ai lavori e aspiranti animatori provenienti dalle principali scuole di animazione e fumetti della Penisola.
Con la sua attività creativa, Pietro incarna perfettamente il prototipo di chi, spinto da una vorace curiosità (la stessa raccomandata da Lasseter), è riuscito a fare dei propri sogni una realtà tangibile: proprio nello spirito di Walt, e con la stessa consapevolezza degli altri passi che lo attendono ogni giorno, in un cammino che non può e non deve arrestarsi. Per questo, adesso, Pietro prova a trasmettere ciò che ha appreso anche ai suoi lettori.
Bio:
Pietro Grandi, classe 1985, lavora come visual art designer presso lo studio da lui fondato, “Sensitive Mind”. Appassionato di storia del cinema d’animazione e della storia della Silicon Valley, passa dalla realizzazione di videoclip emozionali, alla videoart, alla produzione di creazioni sceniche multimediali per eventi culturali, festival, concerti e campagne pubblicitarie. E` stato consulente per la mostra italiana dedicata a Steve Jobs creata da BasicNet a Torino e ha supervisionato lo spettacolo “Il tormento e l’estasi di Steve Jobs” per il Teatro stabile di Trieste.
Grazie a Loris Cantarelli, scrutatore di palinsesti, per la simpatica segnalazione.
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Omeopatia: provare per non credere.
Chi segue il blog o chi si è interessato personalmente, saprà già di cosa si parla quando si tratta di omeopatia.
Un prodotto omeopatico diluito più di 12 volte, in linguaggio omeopatico si dice di diluizione superiore alla 12 CH (per "CH" si intende "diluizione centesimale di Hahnemann"), non contiene nessuna traccia del principio attivo iniziale. Il prodotto omeopatico quindi, si può definire, senza possibilità di smentita, semplice "zucchero" (se la "pillola" è fatta di zucchero) o "acqua" (se il prodotto è fatto di acqua). Nessuna persona al mondo potrà smentirlo, è un dato di fatto.
Il soggetto in "proving" annota tutti i sintomi che prova assumendo il rimedio e consegna tutto all'omeopata che li usa di conseguenza, se una sostanza provoca ansia, l'omeopata lo somministrerà per l'ansia (come ho scritto prima per l'omeopatia la malattia si cura con qualcosa che provoca gli stessi disturbi) se il soggetto prova agitazione il rimedio sarà prescritto per questo disturbo.
Anche qui spero di essermi spiegato bene.
Si prende una goccia del principio attivo e si aggiunge a 99 ml. d'acqua, come nel metodo Hahnemaniano. Si svuota quel bicchiere (si svuota, tutto, si butta il contenuto del bicchiere) e si riempie di nuovo di acqua. Si svuota nuovamente e si riempie...si svuota e si riempie ancora di acqua e così via, fino al numero di "svuotamenti" necessari, 10.000 ed anche 100.000. Si chiama "diluizione korsakoviana", indicata con la lettera K (o CK). Importante sottolineare che ad ogni diluizione (di qualsiasi tipo essa sia), il bicchiere "omeopatico" va battuto cento volte sopra un libro (si diceva la Bibbia, ma oggi si usa un libro qualsiasi), alcuni non usano libri ma tappetini di gomma, altri lo fanno con delle macchine, altri manualmente, insomma, come si vuole, tanto non cambia nulla è solo parte del rito magico.
Una goccia di quell'acqua è spruzzata su una pallina di zucchero, l'acqua evapora e le palline di zucchero (normali caramelline da 1 grammo ciascuna) sono confezionate e messe in vendita (al prezzo di circa 1000 euro al chilo).
"Talvolta si sente dire che l’omeopatia funziona se ci si crede: questa non è una banalità, è una realtà che indica la modalità d’azione del medicinale omeopatico". Samuel Hahnemann, inventore dell'omeopatia.
Ora, se vendere un prodotto preparato in questo modo è pura furbizia commerciale, comprarlo è pura stupidità consumistica.
Dopo queste brevi spiegazioni chi è affezionato all'omeopatia, sa cosa sta comprando (e cosa gli vogliono rifilare) e resta sempre il mio invito per i più testardi: se pensate che in un granulo omeopatico (oltre la 12CH) ci sia qualcosa oltre allo zucchero di cui è composto fatelo analizzare.
Bisognerebbe prima di tutto chiedersi come abbia fatto una pallina di solo zucchero ad avere effetto curativo, ma non importa, l'importante è il risultato e soprattutto rendersi conto di aver speso soldi ed aver comprato un prodotto che non contiene nulla, fabbricato svuotando continuamente dei bicchieri d'acqua, battuto su un libro (o su quello che si vuole, a scelta), spruzzato su una caramella e che costa una fortuna.
Ora, se è corretto sostenere che l'omeopatia non funziona dal punto di vista scientifico è obbligatorio sottolineare che dal punto di vista scientifico, dire che funziona, è da stupidi.
Il resto sono chiacchiere, interessanti, affascinanti, ma chiacchiere, non scienza.