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14 Jan 09:45

Primo ministro britannico adotta la linea dura contro il terrorismo: bandire WhatsApp

by Paolo Attivissimo
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “pierdimat*” e “fchion*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.

In risposta all'attacco terroristico a Charlie Hebdo, il primo ministro britannico David Cameron vuole abolire ogni forma di comunicazione online non intercettabile dal governo. Lo dice molto chiaramente nel discorso che ha fatto ieri, il cui video è presentato da The Independent.

A prima vista sembra una buona soluzione per impedire ai terroristi di poter comunicare fra loro senza poter essere intercettati. Lo sembra fino al momento in cui a qualcuno (evidentemente non qualcuno dello staff tecnico di Cameron) viene in mente che abolire ogni forma di comunicazione digitale non intercettabile dal governo significa abolire (o indebolire fino a renderla inutile) la crittografia che garantisce la sicurezza delle transazioni bancarie. Significa bandire WhatsApp, iMessage, FaceTime, Telegram, PGP e qualunque altra applicazione che faccia uso di cifratura seria. Significa bandire uno dei protocolli fondamentali di sicurezza di Internet, ossia SSL, come osserva Mikko Hypponen.

“Vogliamo consentire un mezzo di comunicazione fra le persone che noi [...] non possiamo leggere?” si chiede retoricamente Cameron nel proprio discorso.

Sì, signor Cameron, lo vogliamo, perché quel mezzo di comunicazione è, tanto per dirne una, quello che tiene al sicuro i nostri conti correnti. E anche i suoi.

Non era difficile prevedere che la risposta politica, puramente demagogica, alla strage di Charlie Hebdo sarebbe stata una stupidaggine tecnica, come l'altrettanto cameroniano filtro antiporno, rivelatosi un flop totale. I politici non capiscono niente di Internet (le eccezioni si contano sulle dita di Eta Beta) e sono posseduti dal Gastrospasmo del Fare:

In caso di crisi, fai qualcosa. Qualunque cosa, anche una cretinata inutile o controproducente, ma fatti vedere che fai qualcosa. E poi vantati di aver fatto qualcosa e di aver dimostrato decisione e risolutezza. Tanto le conseguenze della tua cretinata le pagherà qualcun altro.

Il Gastrospasmo del Fare ha naturalmente il Corollario del Negare e Aumentare:

Se quello che hai fatto non funziona, esattamente come ti avevano avvisato i tecnici, non ammettere l'errore, ma dichiara con decisione che funzionerebbe benissimo se soltanto lo si facesse in dosi più massicce.

Dicevo, prevedere un nuovo esempio di teatrino della sicurezza non richiedeva poteri di chiaroveggenza. Era però difficile immaginare che la cretinata sarebbe stata di questo calibro colossale. Vedremo se i colleghi di Cameron negli altri paesi sapranno dare dimostrazioni d'inettitudine tecnica altrettanto mirabili. Qualcosa già si sta affacciando qui, e rispetta perfettamente il Gastrospasmo e il suo corollario.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
30 Oct 18:46

Tim Cook comes out: "I'm proud to be gay"

by Michael Rose
In a Bloomberg BusinessWeek essay published this morning, Apple CEO Tim Cook affirmed that he is gay, something that had long been spoken of within the tech community (and sometimes accidentally in the mainstream media). In his own words: While I...
22 Oct 11:55

Ebola, guarire si può

by redazione@nationalgeographic.it (Redazione National Geographic Italia)

FOTOGALLERIA  I volti e le storie dei sopravvissuti nel reportage realizzato da un fotografo premio Pulitzer in Liberia

19 Sep 08:47

Di Alzheimer non si parla (soprattutto in Italia)

by Stefano Ciavatta

Questo articolo è uscito su Pagina99.

Quando ero ragazzino andava di moda dire: spastico, mongoloide, un modo a sfregio per non usare più semplicemente la parola idiota. Erano gli anni in cui nelle scuole entrava il termine handicappati, non più bollati come figli infelici. Oggi nelle conversazioni, nelle chat, persino negli sms, se non si riesce a ricordare qualcosa, o si è saltato un appuntamento, o si è perduto un oggetto, scatta subito la battuta: «Scusa, ho l’Alzheimer». C’è pure un thread aperto sul forum di Spinoza.it, ultrapremiato blog satirico, dove la gente si spreme per trovare guizzi di genialità intorno alla perdita di memoria.

Eppure l’Alzheimer, dal nome del dottore bavarese Aloysius Alzheimer che per primo riconobbe nel 1901 sintomi inediti in una signora ricoverata in un centro a Francoforte, è una malattia seria e non una mera questione di distrazione o smemoratezza. La forma più comune di demenza è diventata un’epidemia. Se ne sono accorti anche gli sceneggiatori di House of Cards, quale migliore banco di prova per lo storytelling: c’è uno scoglio contro cui l’ambizione sanguinaria di Frank Underwood – in cerca di voti utili per la riforma delle pensioni – è costretta ad arenarsi. Quell’argine è la malattia che ha colpito la moglie del deputato Donald Blythe e che non può essere oggetto di baratto nel mercato di Washington: l’Alzheimer.

La prima volta che ho avuto a che fare con l’Alzheimer è stato con mia nonna, una donna di nome Wanda e di cognome Guerra. La malattia ha ridotto a spenta litania questo binomio battagliero e la sua parlantina piena di aneddoti. Poi nel 2008, quando ero al lavoro al desk del Riformista, arrivarono le foto d’agenzia di un Peter Falk smarrito, con l’aria strapazzata, ridotto a vagare per le strade di Beverly Hills in stato confusionale. Falk era scappato di casa, urlava ai passanti, gesticolando come un pazzo. La sagoma del tenente Colombo, nel telefilm un po’ arruffata e sorniona ma nel pieno controllo di sé, era completamente abbandonata, alla deriva, persino incattivita. L’anno dopo è arrivata la diagnosi per mio padre. Adesso so che esistono dei sistemi Gps per rintracciare le sue fughe da casa, quando le smanie si fanno irrefrenabili. So che non esiste un esame che certifichi l’ereditarietà ma solo una probabilità. Ma soprattutto ho scoperto che la perdita cognitiva è solo la facciata dell’Alzheimer dietro cui c’è il disturbo dei comportamenti, molto più violento, vedi Peter Falk. Le foto di molti reportage domestici sulla malattia, con quelle facce rugose e arrese alla demenza, sono paradossalmente foto in tempo di pace. Nella crepa della memoria si infilano deliri, allucinazioni, vagabondaggi.

Mio padre fa parte di quel milione di italiani affetti da demenza. È una stima, i dati non sono mai precisi, ma è bene moltiplicare per tre, coinvolgendo i nuclei familiari, dove la classica famiglia diventa la prima badante, in gergo tecnico caregiver. Si stimano tra questi affetti da demenza almeno 650 mila malati di Alzheimer, la forma più riconosciuta di progressivo decadimento delle funzioni cognitive. Vale a dire incapacità di acquisire nuove informazioni e pianificare gli atti, impossibilità di ricordare fatti della vita recente, perdita della capacità esecutiva, perdita della memoria semantica, incapacità di trovare parole necessarie per qualsiasi discorso. Questo accade perché nel cervello si forma un eccesso di proteina beta-amiloide. Le proteine si aggregano fino a formare placche e fibre aggrovigliate.

Chi può riguardare questa degenerazione? Siamo con il Giappone il Paese più vecchio del mondo e l’irreversibile Alzheimer rappresenta un’emergenza reale proprio perché l’invecchiamento è l’unico fattore certo di rischio, e infatti le donne – più longeve – sono le più colpite. Si sa che si è allungata l’età media, ma pure l’anzianità è cambiata. Un uomo di 70 anni oggi è un senior, come direbbero in azienda, ma non è di per sé un “rincoglionito”, come vorrebbe la vulgata pronta alla battuta feroce sull’Alzheimer. Probabilmente per la fretta di ricollocarsi presso gli elettori suoi coetanei, Berlusconi a maggio disse di esserne malato, ma si riferiva appunto a delle innocue amnesie. Come saremo percepiti noi quando avremo 70 anni?

Mentre in famiglia si andava prendendo confidenza con l’Alzheimer, sui giornali ogni tanto piovevano dichiarazioni roboanti e numeri sempre più clamorosi, non però dall’Italia. Nel 2012 l’investimento di 150 milioni di dollari da parte di Obama per la cura e la prevenzione, nel dicembre 2013 a Londra i leader del G8 dichiarano l’Alzheimer un’emergenza sanitaria mondiale. Cameron usò toni epici: «Non importa dove voi viviate, la demenza ruba le vite e distrugge le famiglie. È per questo che noi siamo qui riuniti e siamo determinati a sconfiggerla». Dall’Italia nessun proclama e nessun ministro presente al G8. Gabriella Porro Salvini, presidente della Federazione Italiana Alzheimer, la racconta così: «La Lorenzin non ha mai risposto alla lettera di invito a firma congiunta nostra e dell’Alzheimer’s Disease International. Ha inviato il direttore del dipartimento della prevenzione del ministero, ma noi non siamo riusciti a partecipare perché dallo stesso non ci è arrivata la lettera di accreditamento».

Sull’Alzheimer i riflettori in Italia sono accesi da poco. Decenni fa si parlava genericamente di arteriosclerosi cerebrale, poi è arrivato il termine demenza, che però è un magma, perché tutte le demenze hanno storie e meccanismi diversi. L’Alzheimer vive di fama riflessa dei grandi numeri globali, quelli italiani non hanno popolarità. In questo vuoto chi si è organizzato sono stati i singoli cittadini, che hanno poi dato vita alle associazioni dei familiari, una galassia di gruppi di volontariato che oggi costituisce l’unica rete di protezione per i malati e le famiglie.  La presidente dell’Aima è la tenace Patrizia Spadin, che risponde personalmente al numero verde: «È cambiato tutto rispetto a 30 anni fa, quando l’Alzheimer era noto a uno sparuto numeri di medici, i soli che viaggiavano all’estero. Non si conosceva nulla, neanche le caratteristiche. Adesso la malattia è nota». Idem per Porro Salvini, che per capire cosa fosse successo alla mamma a metà Anni ‘80 cercò di parlarne con altri familiari: «Ho avuto qualche tipo di informazione solo così. D’istinto non ne volevo più sapere, ma poi ho sentito la necessità di dover raccontare la mia esperienza agli altri». Oggi la Federazione raccoglie 47 associazioni. Le famiglie però restano fondamentali: «È difficile che venga fatta la diagnosi al solo malato, non c’è un protocollo come per il cancro e i tumori».

Gli stessi farmaci specifici per l’Alzheimer, gli inibitori dell’acetilcolinesterasi – ovvero Galantamina, Rimastigmina, Donepezil e Memantina – sono in commercio solo dal 2000 (rimborsabili dal 2005). Gli altri farmaci, quelli per i disturbi comportamentali, i cosiddetti neurolettici, sono sul mercato per pazienti psichiatrici, nei bugiardini non c’è scritto demenza, e le difficoltà nella prescrizione non sono poche. Soltanto tredici anni fa, con il progetto Cronos firmato da Rosy Bindi, sono state create le Unità Valutative Alzheimer, le uniche a poter prescrivere quei farmaci e a fare la diagnosi. È stato creato anche un registro di malati, ma tutta l’organizzazione è disomogenea, varia da regione a regione. I centri Uva non sono stati finanziati dal Governo, «ma si basano su risorse esistenti, si appoggiano a ospedali, presidi e Asl» confessa Spadin. «L’assistenza per le famiglie, l’unico modo per contenere il problema, latita: non ci sono fondi da stanziare. La medicina inoltre punta sempre alla guarigione, ma la cura per l’Azheimer non è data solo dalla medicina».

Michele Farina del Corriere della Sera ha iniziato nel 2012 una lunga inchiesta sull’Alzheimer, ma non è stato facile raccontare la malattia in Italia: «Non ci sono standard di cura, variano da regione a regione. È enorme la difficoltà di avere referenti che ti diano un quadro della situazione, è tutto spezzettato. Non esiste una task-force ministeriale a tempo pieno per l’Alzheimer». Neanche il dizionario è certo: non tutte le Uva si chiamano così. Solo a novembre 2014, tredici anni dopo Cronos, l’Iss presenterà il primo censimento su Uva, Centri diurni e Residenze sanitarie assistenziali. Siamo insomma un fanalino di coda rispetto ai grandi piani internazionali.

Il 19 settembre, in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer, l’Associazione Alzheimer Uniti ha invitato in Campidoglio il ministro Lorenzin per parlare del nuovo Piano per le demenze. Al momento però il piano non è ancora firmato, e chissà se lo sarà prima dell’evento. Il piano è stato redatto dal ministero dopo aver chiamato i referenti delle regioni per le demenze e l’Istituto superiore della Sanità. Un lavoro di sette mesi che è sul tavolo della segreteria in attesa di andare alla Conferenza Stato-Regioni. La novità è l’istituzione del Pdta, Percorso diagnostico terapeutico assistenziale, dal medico generale fino agli specialisti. Per il 14 novembre, nell’ambito del semestre europeo, il ministero della Salute ha lanciato un convegno internazionale sulla demenza che verrà comunicato a breve. Sembrerebbe la risposta italiana al G8 londinese. Le associazioni si augurano che il Piano venga finanziato dal ministero, perché «se le linee guida come per Cronos lasciano la scelta alle regioni, queste potrebbero decidere di non spendere. La rete di assistenza odierna è ancora parziale perché ruota intorno ai centri Uva, il ministero delle Politiche sociali non è mai intervenuto». Bisogna fare pressione sulle regioni per una migliore programmazione nell’apertura di servizi, mettere in rete più informazioni e documenti possibile, creare un’anagrafe dell’Alzheimer.

Intanto sono emersi nuovi fattori di rischio, con nomi comuni ad altre malattie ma mai associate all’Alzheimer: diabete, ipertensione, obesità, attività fisica, depressione, fumo, bassa scolarità. Le stime per i prossimi 20 anni parlano di 3 milioni di affetti da demenza. I farmaci anticorpi monoclonari – nuovi, potenti e in azione in America – sono molto costosi, ma probabilmente detronizzeranno quelli attuali. Chi pagherà? Bisogna poi iniziare a parlare di prevenzione, che è l’esatto opposto della condanna.

Lo stigma dell’Alzheimer è una cosa tutta italiana. «Il muro dell’“io ce l’ho” – racconta Farina – non l’ha sfondato ancora nessuno, questa assenza dice qualcosa, è il segno di una realtà sommersa nonostante i numeri». «La verità è che i malati di Alzheimer sono troppi – confessa Porro Salvini – e fanno ancora troppa paura. Manca un testimonial e soprattutto, in Italia, c’è il tabù». La discrezione sui nomi illustri è viziata dal fatto che spesso non sono più in grado di fare dichiarazioni: la diva del cinema , l’allenatore dello scudetto dei miracoli, lo showman, il grande scrittore. Prevale la privacy dei familiari. «Non siamo americani – dice Spadin – non siamo abituati ad avere afflati da coming out. L’Alzheimer viene vissuto spesso come una perdita di dignità e il nostro sistema sociale non fa niente per impedire questo e colmare i vuoti che la malattia lascia. Se ci fosse una rete d’accoglienza ampia, l’atteggiamento sociale sarebbe diverso. Non sono lontane le memorie dei maltrattamenti dei vecchi dementi, da parti di santoni e guru. Oggi sappiamo cosa ci serve, questa è la differenza se scoprissi oggi che mia madre è ammalata».

Insomma l’Alzheimer è per le famiglie ancora una questione privata, mentre per gli altri, i sani, è uno spettro di cui ogni tanto si dà notizia quando muoiono personaggi internazionali come Annie Girardot e Margareth Thatcher. La versione di Barney è un dramma conosciutissimo ma non esiste ancora un equivalente italiano. Tra gli ultimi ci hanno provato l’attore Giulio Scarpati con il libro Ti ricordi la Casa rossa?, il giornalista Flavio Pagano con Perdutamente, Pupi Avati con Una sconfinata giovinezza (tra l’altro il suo peggior flop, per diretta ammissione). Racconti delicati, ma ci vuole una voce forte. Manca quindi chi decida di salire sopra le spalle di questa gigantesca perdita di sé chiamata Alzheimer e ne parli in prima persona. Il ricercatore Richard Taylor lo ha fatto, e l’Alzheimer’s Disease International gli ha affidato il progetto I Can, I Will.

07 Aug 08:35

Il governo del Regno Unito rende libera e gratuita la copia privata

by noreply@blogger.com (roberto ferramosca)
In Inghilterra è possibile effettuare copie di backup di film, cd ecc e trasferirle nei vari dispositivi il tutto legalmente e gratuitamente.

Tux Inglese
Se in Italia la SIAE chiede ai cittadini di pagare ogni memoria interna a causa dell'Equo Compenso, legge che serve per portare più soldi ai "poveri" artisti in Inghilterra invece arriva una nuova legge che consente all'utente di poter copiarne film, cd ecc regolarmente acquistati. Mente nel bel paese la SIAE ha richiesto e incredibilmente ottenuto l'aumento dei costi per il diritto di copia privata, il Governo Britannico ha invece varato una nuova leggere per tutelare i diritti dei propri cittadini indicando che "non è giusto che la legge si ponga tra il cittadino e il suo diritto di fruire liberamente dei suoi beni".

Continua a leggere...
07 Aug 08:24

Rosetta incontra la sua cometa

by redazione@nationalgeographic.it (Redazione National Geographic Italia)

L'Agenzia spaziale europea festeggia il successo della missione Rosetta . La sonda spaziale è ora a soli 100km dalla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko

23 Jul 08:33

Gambler esagerati: la storia di Art "The Chief" Rooney

by info@betitaliaweb.it (Marco Zanini)
Uno dei primi veri gambler di inizio secolo è stato soprannominato "il capo" perché nei primi anni trenta ha fondato la squadra di football dei Pittsburgh Steelers con la quale ha vinto ben 4 Super Bowl negli anni ’70, guidando la squadra per 55 anni.
18 Jul 18:13

On the Street…..Centro Storico, Bari

by The Sartorialist

71514Bari6B2817Web

04 Jul 15:06

La certosa di Trisulti rischia il crollo. Cinque monaci cercano di salvarla

Affreschi danneggiati, infiltrazioni d’acqua e soprattutto tetti sul punto di cedere, sono solo alcuni dei danni della Certosa di Trisulti che oggi rischia il crollo. La Certosa, immersa tra i boschi di querce...
30 May 21:11

Watch Mechanical Techno, Dance Music Made Organic, Physical by Graham Dunning

by Peter Kirn

Even in hardware, the repetitive patterning of dance music remains invisible to the eye. Sure, you might get a blinking light here and there, but otherwise, the process is virtual, whether the sound process is analog or digital.

Graham Dunning’s Mechanical Techno project is different. Every pattern is made physical and tangible, every machine rhythm mechanically constructed rather than abstract. As such, the UK-based experimental musician, composer, and sound artist makes sounds that evolve organically from the devices that make them. As contact mics brush against physical objects, those rhythms are often slightly imperfect, emerging from a kind of kinetic sculpture. With stacks of turntables operating alongside a rack of more conventional electronic gear, the result is deliciously unexpected – sounding like techno, but with beautifully irregular grooves.

Watch “Whale Attack” at top to see.

dunning_apiarysetup

An earlier video, while less musically compelling, focuses on the process itself:

It’s all a nice follow-up to the LEGO construction we saw earlier this week. That uses a similar technique, but the earlier project yielded some different musical results. Thanks, Michael Forrest (who’s also making lovely music), for the tip!

Finding real-world objects is a part of the artist’s inspiration and process, he says in an artist statement:

I use experimentation and play as a main part of my making process. I also like to set myself restrictions for my projects similarly to the way scientific experiments are conducted. Noise – as unwanted sound like record crackle or tape hiss – often features in my work, and a visual equivalent in dirt, dust or decay. I often try and repeat a visual process with audio, and vice versa.

If you’re the London area Monday, Graham is joining a really lovely lineup – with Stephen Cornford and John Macedo – at the excellent Cafe Oto. The mechanical techno setup is part of a performance he describes thusly:

“Situationist Giuseppe Pinot-Gallizio built machines to make abstract expressionist paintings on long rolls of canvas. My ongoing project, Music By The Metre, is an audio homage to Pinot-Gallizio: music making machines that fill spools of tape with abstract music. Lee Scratch Perry described dub as “the ghost in me coming out.” By performing a live dub on a music making contraption I will release the ghost in the machine.

Vinyl dissonance for lost memories: a live rhythmical collage made of squeezed record crackle, analogue synthesizer, dubplates of field recordings, dusty shellac records and clumsily triggered drumsynth. Mechanical techno, ghost in the machine music.” – Graham Dunning

Event info on Graham’s site:
Live solo set at Cafe Oto (London)

http://grahamdunning.com

The post Watch Mechanical Techno, Dance Music Made Organic, Physical by Graham Dunning appeared first on Create Digital Music.

26 May 19:01

The 10 Best Astronomy Apps for Enjoying the Night Sky

by Justin Dennis

Astronomy used to be a somewhat expensive hobby once upon a time, requiring telescopes and other equipment. However, that’s not quite the case anymore.

With smartphones being as smart as they are now, all you need are apps that will transform your phone into a mobile observatory. Here is our rundown of the 10 best astronomy apps for Android.

1. Sky Safari

Screenshot from Sky Safari app

Sky Safari will not just help you become a better-equipped astronomy fan, but also just lay down, relax, and look at the stars, with features like the soothing background music, for example.

It is equipped with a powerful search, which can help you instantly find any celestial object you’re looking for. There’s also a dedicated events section, as well as a live view of the sky that moves as you move your phone, according to your location and compass.

In-app purchases are available to unlock more features, like additional objects and perspectives.

Download: Sky Safari for Android | iOS (Free, in-app purchases available)

2. Star Walk 2

Star Walk 2 is one of the most aesthetically pleasing astronomy apps out there. The app opens with a beautiful live view of the sky, reflecting your current location. The live view also has nice calming background music.

You can tap objects you see in the live sky to get a concise description, as well as a detailed image of the object. The search feature is also great, and the voice search works perfectly. The best feature of Star Walk 2 however, is the time slider that lets you slide through time and see how the objects move.

In-app purchases will let you unlock more celestial objects as well as remove the ads from the free version. Alternatively, you can just purchase the paid version of Star Walk 2.

Download: Star Walk 2 Free for Android | iOS (Free, in-app purchases available)
Download: Star Walk 2 for Android | iOS ($2.99)

3. Star Chart

Screenshots from Star Chart app

Star Chart gives you three different modes. The first is the default sky view. Secondly, you get an explore mode that lets you wander across the solar system. The third mode is called “Moments in time”, which lets you take a virtual look at important past events in astronomy.

The standard app has all the basic features you’ll need, including a settings panel that lets you customize the sky view. Star Chart also packs in some serious expandability, giving you numerous in-app purchase options to add more to your stargazing experience.

Download: Star Chart for Android | iOS (Free, in-app purchases available)

If you want to expand the horizons of your astronomy hobby by doing a little more background research, check out these amazing astronomy websites.

4. Sky Map

Screenshots from Sky Map app

Sky Map is exactly what it sounds like. It’s a no-frills map of the sky. Sky Map is simple, and reliable, and is meant for astronomy enthusiasts that just need a simple guide to the night sky.

You can select and deselect the categories of objects you want to be displayed on the map. The live view can be set to automatic, which moves as you move your device, or manual, which requires the user to navigate it.

There’s also a nifty time travel feature that will see what the sky looked like on any given date and time. Sky Map was originally developed by Google, but is now donated and open sourced.

Download: Sky Map for Android (Free)

5. Stellarium Mobile

Screenshots from Stellarium Mobile app

If you’ve had an interest in astronomy for a while, you must have definitely heard about Stellarium. Stellarium Mobile brings the essence of Stellarium’s very popular desktop version to your phone.

Stellarium Mobile gives you a sky view with options to choose what appears in the sky. You can also choose to emulate different landscapes, which adds some virtual reality flavor to the app.

Download: Stellarium Mobile for Android ($2.49)
Download: Stellarium Mobile for iOS ($2.99)

6. Solar Walk 2

Screenshot from Solar Walk 2 app

Solar Walk 2 is an astronomy app that revolves around the sun and the solar system. Made by the developers of Sky Walk 2, this app shows you the night sky through from the perspective of our place in it.

Perhaps the best feature of Solar Walk 2 is the time bar, which you can use to time travel to see how celestial objects move over time. The paid version of the app also comes with a horde of other celestial objects to look at.

Download: Solar Walk 2 Free for Android | iOS (Free, in-app purchases available)
Download: Solar Walk 2 for Android | iOS ($2.99)

If you want a deeper look into the outer space, check out these free online space telescopes.

7. Mobile Observatory 2

Screenshots from Mobile Observatory 2 app

Mobile Observatory is not the fanciest looking app on this list, but it is something every serious astronomy enthusiast needs to have. This astronomy app comes with loads of features, which makes up for the not-so-fancy user interface.

Mobile Observatory comes with different sky views, a dedicated solar system view, and different sections dedicated to objects, including the sun and moon. Not only that, there are sections for eclipses and events, as well. The app is paid but updated fairly regularly.

Download: Mobile Observatory 2 for Android ($4.49)

8. Sky View Free

Sky View Free is a unique astronomy app. Its primary feature of the sky view seems similar to other apps on this list at first glance. However, Sky View has an augmented reality (AR) mode for this view, which lets you point your camera to the sky and identify celestial objects in the app.

Sky View Free also has options to let you see trajectories of objects, take snaps of your current view, and check sky view by date and time.

Download: Sky View Free for Android | iOS (Free)

9. Star Tracker

Screenshots from Star Tracker app

If you want a basic sky view that navigates through the sky well, Star Tracker is the way to go. Star Tracker is pretty basic, but for some astronomy enthusiasts, it might be all they need.

The key highlight of this app is the zoom feature, which will automatically zoom onto the celestial object that your screen is pointed at, giving you an immersive experience.

Download: Star Tracker for Android | iOS (Free, premium version available)

10. SkyWiki

Screenshots from Sky Wiki app

SkyWiki is an astronomy app that acts like a mini-encyclopedia of astronomy. You get a sky map with the option to change the speed of time, pause it, and print out the current version of the sky map.

However, that’s not all. SkyWiki is also equipped with a periscope section, which gives detailed insight into current celestial positioning. In addition, there are sections for celestial events and news, making SkyWiki a must-have guide to have for any astronomy enthusiast.

Download: SkyWiki for Android (Free)

More Ways to Explore Space

Astronomy apps don’t demand much in terms of smartphone specifications, other than compass, accelerometer, gyroscope, and such. Although it wasn’t the case a few years ago, these features are standard now, even in budget smartphones. So, a smartphone is all you need!

If you want to see the cosmos in further detail, check out these websites to view and download space images.

Read the full article: The 10 Best Astronomy Apps for Enjoying the Night Sky

06 May 12:35

L'Open Source spiegato con i LEGO

by Marco Giannini

I LEGO rendono tutto più bello e semplice da rappresentare. Forse è questo il motivo che ha spinto l'autore di questo fantastico video a realizzarlo.

Nel video che segue potremo infatti veder spiegato il concetto di Open Source attraverso i celebri mattoncini LEGO. Il video è in inglese ma di facile comprensione, se questo non dovesse bastare troverete i sottotitoli in inglese, francese, cinese, danese, portoghese, spagnolo ed italiano grazie alla traduzione realizzata da +Stefano s.

Buona visione



Ringrazio +Marco Milone per aver condiviso il video su YouTube
20 Apr 09:01

RIP, NASA Moon Landing Engineer John C. Houbolt

by timothy
The Houston Chronicle reports the death of John C. Houbolt, whose ideas helped guide the U.S. moon-landing programs. Houbolt died on Tuesday at the age of 95, in a nursing home in Maine. Says the Chronicle's obituary: "His efforts in the early 1960s are largely credited with convincing NASA to focus on the launch of a module carrying a crew from lunar orbit, rather than a rocket from earth or a space craft while orbiting the planet. Houbolt argued that a lunar orbit rendezvous, or lor, would not only be less mechanically and financially onerous than building a huge rocket to take man to the moon or launching a craft while orbiting the earth, but lor was the only option to meet President John F. Kennedy's challenge before the end of the decade."

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18 Apr 12:01

Figli delle stelle: le prime foto dell'Astronomy Photographer Of The Year 2014

Aurore boreali, comete, nebulose e lo splendore incontrastato della Via Lattea: una rassegna di scatti in cui il cielo è protagonista...
18 Apr 11:59

Il ragazzo atomico

by redazione@nationalgeographic.it (Redazione National Geographic Italia)

A 11 anni Taylor Wilson ha provato a costruirsi un acceleratore di particelle in casa. A 14 ha realizzato un reattore per la fusione nucleare. Ora ne ha 19 ed...

18 Apr 11:57

Icone dell’hip hop VS Icone dell’arte

by studio
11

Cecilia Azcarate, una designer newyorchese che lavora per l’agenzia pubblicitaria Johannes Leonardo, ha aperto un Tumblr, “B4-16“, dedicato all’iconografia dell’hip hop e dell’arte classica, in cui appaiono immagini prese da questi mondi così lontani. Le coppie di figure si basano sulle somiglianze tra le immagini originali – spesso quasi inquietanti – o su riferimenti più semplici, come il particolare di un anello. Il blog si chiama “B4-16″ perché tutte l’arte utilizzata da Azcarate proviene dal XVI secolo o prima.

Per vedere le altre immagini, visita il Tumblr.

 

(via)

18 Apr 11:56

Un anello di diamanti nel cielo

Quando il caso ci mette lo zampino può accadere di imbattersi in spettacoli unici come questo: una bellissima bolla blu allineata...
18 Apr 09:13

GARCIA MARQUEZ: ‘SCRIVO E SONO LIBERO. NON DEVO FARMELA CON NESSUNO, TANTOMENO CON I SOLDI’. ‘

by La redazione

1. CIAO GABO
Irene Bignardi per ‘La Repubblica'

GABRIEL GARCIA MARQUEZ

Gabriel García Márquez, Gabo per tutti quelli che lo hanno sfiorato nel corso della sua bellissima vita, conclusasi ieri a 87 anni, amava dire che tutti hanno una vita pubblica, una vita privata e una vita segreta. Nel suo caso, nel caso di un uomo simpaticissimo, vitale, seducente, allegro e generoso, nel caso di uno scrittore che ha inventato un mondo, lanciato una moda di raccontare, rappresentato l'ambasciatore e il simbolo di un continente, è difficile dire qualcosa circa la sua vita segreta. Ma certo vita privata e vita pubblica si sono intrecciate in un'unica, sola leggenda, storie e storie si sono fuse in un unico paesaggio avventuroso e magico, ricordi e fantasie si sono coniugate in un monumento al raccontare.

Da tempo le condizioni di Márquez si erano aggravate. La settimana scorsa era stato dimesso dall'ospedale, a Città del Messico, dove era stato ricoverato, ufficialmente per una polmonite, anche se da tempo si parlava di un male più grave, mai confermato dalla famiglia. Ieri sera intorno alle 22 italiane le voci sulla sua morte si sono susseguite sul web, fino alla conferma da fonti vicine alla famiglia. «Mille anni di solitudine e tristezza per la morte del più grande dei colombiani di tutti i tempi», ha detto il presidente della Colombia Juan Manuel Santos.

GABRIEL GARCIA MARQUEZ

Nel corso di una delle molte interviste che mi ha concesso a nella capitale messicana, nella sua Cartagena, a Bogotà, all'Avana, attraverso le quali ho avuto la fortuna di diventare una specie di amica di famiglia, o, almeno, così ti faceva sentire lui, Gabo, una volta che si parlava della morte, disse con la sua consueta aria ironica che sì, in aereo alla morte ci pensava sempre, Ma che «seriamente (e intanto sorrideva sornione), l'unica cosa che mi dispiace della mia morte è che non potrò essere lì a raccontarla». E certo lui l'avrebbe raccontata bene. E ci si sente inadeguati a ripercorrere al posto suo la sua vita meravigliosa. Salvo ricorrere ancora a lui, al suo modo di raccontarsi. Per esempio la nascita di Cent'anni di solitudine.

«Andavamo da Città del Messico ad Acapulco con la nostra vecchia Opel, io e Mercedes, e i nostri due bambini, Rodrigo e Gonzalo. E come per una folgorazione, mentre guidavo, ho capito come dovevo raccontare la storia, anzi, le storie, che mi seguivano da almeno dieci anni, da quando avevo scritto per una rivista colombiana La Casa de Los Buendía. Apuntes para una novela . Dovevo raccontare le storie come le raccontava la nonna Tranquilina».

Il libro, diceva Gabo, era maturo e pronto, «come se qualcuno gli dettasse dentro». Non c'era che metterlo sulla carta. Girò il muso della macchina, tornò a casa, si mise a scrivere, incaricò Mercedes di occuparsi della vita quotidiana, si chiuse in casa e ne uscì un anno dopo. Per campare fece debiti e vendette la Opel. Mercedes, di suo, sacrificò anche l'asciugacapelli. E nel 1967, quando il libro uscì, in Argentina, e fece fuori tutta la tiratura in una settimana, Gabo si ritrovò improvvisamente famoso. «Un'esplosione », diceva, stupito, pensando anche ai cinque libri, tra cui Nessuno scrive al colonnello e I funerali della Mamà grande, che aveva già dato alle stampe, che erano stati ignorati, e che sarebbero risorti magicamente.

Un po' per celia e molto sul serio diceva anche che lui Cent'anni di solitudine lo odiava. «Lo odio», sosteneva «perché penso che abbia sbarrato il passo agli altri
libri. Lo odio perché è diventato un mito e io ho voluto scrivere un libro e non un mito. Preferisco essere ricordato per sempre per L'amore ai tempi del colera.
Quello è il mio libro con i piedi sulla terra. L'altro è mitologia».

Márquez

Quella di Macondo (che altro non è, si scoprì poi, se non il nome di un albero), di Aureliano Buendía, di Ursula che continua a vivere perché non sa di essere morta, di Remedios, di Arcadio. Una mitologia fatta di «ricordi e di sentimenti, ma non della mia vita. È la storia della mia gente, del mio paese, nutrita delle memorie provenienti dalla casa di Aracataca dove viveva la mia famiglia, dove abbandonato da due genitori erranti ho vissuto la mia infanzia in una famiglia di sedici fratelli (anche l'ultimo si chiamava Gabriel)... Il mondo magico della nonna Tranquilina...

Per anni sono stato prigioniero di Cent'anni di solitudine. Qualsiasi cosa scrivessi, diventava Cent'anni di solitudine ». E allora? «Allora ho scritto qualcosa di assolutamente diverso, L'autunno del patriarca, che è stato un fiasco clamoroso. I lettori volevano Cent'anni di solitudine ».

Amato è stato, e tanto, Gabo Márquez. Girare con lui la Colombia era come viaggiare con Garibaldi a Caprera. Ai semafori la gente gli raccontava delle storie che trovava «degne di Márquez ». Le hostess degli aerei andavano in deliquio. I ragazzini lo inseguivano con copie pirata dei suoi libri - che lui firmava, senza mai tirarsi indietro, con il suo nome e un fiore, a volte autografando anche libri di altri, purché ci fosse un libro di mezzo. Un eroe nazionalpopolare? No, meglio, un eroe internazionalpopolare. E un grande giornalista "empirico" («Non c'è nessuno dei miei romanzi che non abbia una base nel reportage, nella realtà»).

E un generoso insegnante, come dimostra la sua esperienza alla scuola di cinema della Fondazione del nuovo cinema latino americano di San Antonio de los Baños, che finanziava grazie ai proventi delle interviste televisive, cinquantamila dollari a botta. «Con me fanno spettacolo sì o no? E io i soldi li giro alla scuola» dove teneva dei vivacissimi corsi di sceneggiatura, in un avvincente ping pong di idee tra il professor Márquez e i suoi affascinati studenti.

E, a proposito di Cuba, Gabo è stato anche l'amico personale (cosa discussa, cosa criticata) di Fidel Castro. Un'amicizia che non amava commentare. Un discorso, quello sul socialismo reale, che cercava di schivare: «Non sono mai stato comunista. Non
ho studiato il marxismo, anche perché non pensavo potesse applicarsi a una realtà particolare come quella del Sudamerica. A dire il vero, non ho studiato proprio niente. Quello che so l'ho imparato vivendo, comprese le necessità dell'America latina, compresa la mia simpatia per Cuba e la rivoluzione cubana».

gabriel garcia marquez occhio nero

Quanto all'amicizia con Fidel nata, raccontava, con uno scambio di libri ( Il diario dell'anno della peste di Defoe e il Dracula di Stoker) è stata «un'amicizia molto personale, che si è tradotta in un'amicizia per il paese». Il cinema è stato l'amore non sempre corrisposto di Márquez, che da ragazzo è stato allievo del Centro sperimentale a Roma, amico di Zavattini, di Carlo Di Palma e di Pontecorvo, ultimo assistente («il miracolo è avvenuto ») di Blasetti sul set di Peccato che sia una canaglia , sceneggiatore di film come il suo Tiempo de morir e Edipo alcalde trasposizione colombiana dell' Edipo redi Sofocle («un modello assoluto, una scoperta abbagliante: l'unica storia che conosco in cui l'investigatore scopre di essere lui stesso l'assassino»), ambedue tiepidamente accolti, ispiratore di film belli e meno belli come Cronaca di una morte annunciata e L'amore ai tempi del colera.

Ma un amore, quello per il cinema, che non ha mai ceduto di fronte al fascino della scrittura. «Quando scrivo» diceva in quella sua prosa sempre poetica, anche quando parlava nel suo deliziosamente imperfetto italiano, «sono un uomo libero, solitario nella mia isola. Non devo farmela con nessuno, tantomeno con i soldi. Sì, credo di aver scritto Cent'anni di solitudine contro il cinema, per dimostrare che con la scrittura si può fare di più».

E tantissimo ha fatto. Inventando meravigliose favole del reale che sono diventate una moderna mitologia per tutti. Dando voce a un continente. Restando fedele alla sua terra. Unico tra i premiati del Nobel (signore a parte) a presentarsi alla cerimonia di Stoccolma non con il frac, che Gabo considerava il vestito dei morti e dei becchini, ma con il caraibico liquiliqui , la camicia bianca a piegoline che, con lui, è diventata la bandiera della cultura dello Stato libero di Macondo.


2. "CENT'ANNI DI SOLITUDINE" E FU SUBITO UN'ESPLOSIONE
Angela Bianchini per ‘La Stampa'

Cent'anni di solitudine appartiene alle parole o espressioni che oggi possediamo, infatti la adoperano anche coloro che non si rendono conto di citare il titolo del capolavoro di Gabriel García Márquez, colui che, in certo senso, ha dato visibilità all'America Latina. Il romanzo nacque quasi per caso, mentre lo scrittore colombiano, come lui stesso ha narrato, stava andando da Città del Messico ad Acapulco, sulla sua vecchia macchina, in compagnia della moglie Mercedes e dei suoi due figli. Fu allora che capì improvvisamente di dover seguire le storie che lo inseguivano da anni. Girò la macchina, tornò a casa, si mise a scrivere, tralasciando ogni altra attività. Per campare fece debiti.

Nel maggio 1967, Cent'anni di solitudine era pronto, l'editore ne aveva stampato ottomila copie che a Márquez parevano eccessive, e furono invece esaurite in otto giorni. Fu subito un'esplosione, che nel 1982 gli sarebbe valso il premio Nobel.
Le opere scritte da Márquez prima di Cent'anni, pur anticipandolo, posseggono un valore proprio che fu subito riconosciuto. Già nel 1955, con il romanzo La hojarasca, tradotto in italiano come Foglie morte, dove abbastanza evidente è, secondo alcuni critici, l'influenza di Faulkner, fa la sua comparsa il paese di Macondo come spazio archetipo della narrativa futura, grazie ai ricordi e le riflessioni di tre personaggi, un bambino, sua madre e il nonno, un vecchio colonnello, che già porta il nome di Aureliano Buendía. In Nessuno scrive al colonnello, del 1961, pur abbandonando lo spazio di Macondo, Márquez delinea la figura di un veterano, non dissimile da Aureliano Buendía: malato e povero, invano attende la pensione a cui ha diritto. Per il suo orgoglio, lo scrittore lo presenta come una reincarnazione dell'hidalgo di Lazarillo de Tormes.

GABRIEL GARCIA MARQUEZGABRIEL GARCIA MARQUEZ

Nel 1962, arrivano I funerali della Mamá Grande, e anche qui troviamo l'esaltazione della forza e della dignità, in questo caso di una donna che già prelude alla figura della longeva Ursula nel capolavoro di tre anni dopo. E poi, finalmente, Cent'anni di solitudine, quando Márquez, riannodando i fili e le suggestioni precedenti, dà vita a un mondo nuovo, trasfigurazione del luogo dov'era nato. Romanzo di innumerevoli personaggi, tutti discendenti dalla mitica coppia dei fondatori di Macondo, José Arcadio Buendía e Ursula, attraverso uno svolgimento organizzato, ma anche labirintico, cattura il lettore, trasformandolo, come è stato detto, in una sorta di complice dello stesso destino della città, prima la sua fondazione e la sua fortuna, dovuta alla piantagione di banane creata dai nordamericani, poi la rovina definitiva. Insomma, un'intensa radiografia dell'America Latina, nella sua verità apparente e anche nel suo mistero,

Negli anni seguenti, García Márquez continuò a offrire amplificazioni e correzioni di questo stesso mondo, anche se di respiro più breve. Nel 1975, L'autunno del patriarca mette in scena un dittatore archetipico, creando, sempre in Colombia, una sorta di Macondo sulle rive dell'Atlantico: ancora una volta un'America magica e violenta. Nel 1981, Cronaca di una morte annunciata è la riuscitissima simbiosi tra il racconto e il giornalismo, e iniziando con la notificazione della morte del personaggio crea un romanzo molto suggestivo che si è prestato assai bene all'adattamento cinematografico. E infine, nel 1985, L'amore ai tempi del colera dà vita a quella convinzione fondamentale che Márquez inserisce, in modi diversi, in tutta la sua opera, vale a dire che l'amore è l'amore «in qualsiasi tempo e in qualsiasi parte, ma tanto più forte quanto è più vicino alla morte».

Questa stessa convinzione la troviamo in forma autobiografica proprio a conclusione di Vivere per raccontarla, primo volume delle sue memorie, uscito nel 2002. Dopo gli anni fondamentali dell'infanzia e della giovinezza, Márquez, ora in procinto di partire per l'Europa, è in attesa di una risposta della sua innamorata Mercedes. Nel caso che questa non arrivi, ha deciso che non tornerà più in patria. Ma la lettera arriva, e si compie così il destino di un grande narratore appassionato.

Negli ultimi anni della sua vita, García Márquez aveva spaziato, come sempre, tra passato e presente, tra giornalismo e romanzo. Già in A ruota libera, affresco di un'opera tumultuosa terminata nel 1995, aveva rivelato uno straordinario ottimismo personale e politico, nonostante la malattia mai confermata dalla moglie.

Quell'ottimismo che ricomparirà nell'ultimo romanzo, Memoria delle mie puttane tristi (2004), in cui affiora di nuovo la linea autobiografica unita alla saggistica. García Márquez rimane così quale esempio di narratore politico e anche personale, di grande cantore di un'epoca difficile e tumultuosa, non priva di contraddizioni ma anche di speranze. Cantore delle sue stesse straordinarie invenzioni.