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13 Jan 12:19

Breve appunto sugli storici e la Resistenza in morte di Giampaolo Pansa

by Gennaro Carotenuto

Da Battaglia al recentissimo di Flores e Franzinelli (due monografie separate da quasi 60 anni) il fantomatico silenzio degli storici di professione sulla Resistenza non è mai esistito. Lo stesso si può dire per la Repubblica di Salò, da Deakin a Ganapini.

Sono centinaia i lavori seri sulla Resistenza prima e dopo quello di Claudio Pavone (Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri) del 1991 che fu un vero turning point interpretativo, in particolare intorno al concetto di guerra civile. Fa amaramente sorridere che ancora oggi si accusino gli storici di aver taciuto sui presunti crimini della Resistenza. Fu invece sui crimini dei nazifascisti che calò il silenzio del doppio stato e dell’alleanza con la Repubblica Federale Tedesca, occultando i documenti sulle stragi, non per nasconderle agli storici, ma per favorire l’impunità dei colpevoli, come attestò l’armadio della vergogna scoperto da Giustolisi. Paradossalmente è proprio sulle stragi nazifasciste che gli storici sono arrivati più di recente (pensiamo al lavoro di geolocalizzazione di Paolo Pezzino).

Tali studi, che hanno visto impegnati centinaia di studiosi, si sono scritti e pubblicati nel corso del divenire della nostra Repubblica, dove gli storici hanno vissuto, studiato e si sono interrogati costantemente su quei fatti dal loro (nostro) presente. Non furono gli storici ad essere in ritardo sulle interpretazioni della Resistenza. Fu semmai la politica a costruire narrazioni che, una volta abbattute, hanno favorito la costruzione di paradigmi contrari alla Resistenza. Per esempio ritroviamo ciò nell’ideologia della guerra di Liberazione come guerra di popolo e non come guerra civile, alla quale è stato facile contrapporre la negazione del ruolo della Resistenza e l’esaltazione esclusiva di quello degli alleati: “a noi ci hanno liberato gli americani”. Oppure lo ritroviamo nel PCI, che si faceva vestale della Resistenza ai fini della propria legittimazione politica, comprimendo a torto il ruolo delle altre forze che hanno scritto la Costituzione e costruito la nostra democrazia. Ciò favorì indubbiamente un’interpretazione della Resistenza come esclusivamente rossa, tanto caro alle destre, il derby tra fascisti e comunisti riciclato di recente perfino da Salvini.

Mi piacerebbe sapere quanti tra i lettori di Giampaolo Pansa, di quelli che anche in queste ore berciano di verità occultate, abbiano letto Pavone o una qualsiasi monografia scritta da uno storico di professione. Temo pochi. Nell’Italia degli anni Novanta e Duemila Giampaolo Pansa, polemista instancabile e penna brillante (un bullo, artista del body shaming in realtà, come evidenziano i giornali di oggi), identificato fino ad allora come giornalista di sinistra, ma che non a caso ha finito la propria carriera sulle pagine del più becero quotidiano italiano, Libero, ebbe la capacità di sfruttare un filone aurifero che si apriva per la pubblicistica: l’esondazione di ogni narrazione anti-resistenziale dopo la caduta del muro di Berlino. Tale fenomeno fu coevo e complice delle necessità di sdoganamento berlusconiano degli ex-missini in un’Italia che si sosteneva essere stata governata per quarant’anni dai comunisti.

No, Pansa non fu un rivelatore di verità occultate. L’obiettività e il riferimento alle fonti era l’ultimo dei suoi problemi. Era un momento storico nel quale lo squadrismo mediatico permetteva di dire che nelle foibe fossero morte un milione di persone e chi lo negava fosse pagato dai titini. L’opinione pubblica, che si scoprì nient’affatto indottrinata dal PCI (come pure si pretendeva), finì per sposare qualunque tesi complottarda. Basta dire “verità negate” per appassionare la gente. Dalle foibe a Via Rasella al triangolo rosso in Emilia, tutto era funzionale a far passare una sorta di equiparazione tra antifascisti e i crimini della dittatura fascista, se non addirittura della Shoah. Pari e patta, nel contesto della fine della Storia e del trionfo dell’Occidente.

Il ruolo di Pansa, aggravato dalla cultura e poi da un’acrimonia personale contro i suoi critici, non fu né ingenuo né secondario. Fu capace di ribaltare un suo ricordo d’infanzia facendo rifucilare un repubblichino dai partigiani (in origine lo aveva raccontato al contrario) e architettò l’ideologia dei vinti senza voce per legittimare un’equiparazione tra fascisti e partigiani (tutti comunisti, salvo quelli uccisi dai comunisti) così utile all’Italia di quel tempo. I repubblichini per Pansa non dovevano essere chiamati fascisti ma vinti, un succedaneo di vittime. Chiamandoli fascisti –sosteneva – si sarebbe tolto loro voce. Un cattivo maestro.

L'articolo Breve appunto sugli storici e la Resistenza in morte di Giampaolo Pansa si trova su Gennaro Carotenuto.

24 Aug 12:33

Listen to German 3 – “der Hering”

by German-is-easy
Hello everyone, and welcome to your (hopefully) favorite German blog. And today it’s more of a podcast because it’s time for a bit of listening comprehension again. Yeeeeaaaay. Today’s story is about a fish served with a side of wisdom… … Continue reading →
31 Mar 08:04

Go Play Super Mario 64 In Your Browser, Right Now

by Chris Mills

Remember Super Mario 64, the game that made your childhood, and probably introduced you to 3-D gaming? Well, it's back. And you don't need to go digging around in the attic to play it.

Read more...








31 Dec 11:17

Sapir: L’euro e il rischio della civetta

by Carmenthesister

Sul suo sito RussEurope il prof. Jacques Sapir vede le elezioni anticipate in Grecia, con la possibile ascesa al governo di Syriza, come una resa dei conti importante che avrà forti ricadute sui paesi che subito dopo la Grecia ingaggeranno la stessa lotta contro la Trojka dell’austerità, Italia e Spagna in primis. Il futuro si gioca oggi ad Atene, e bisogna mandare un chiaro messaggio a Tsipras: se sarete eletti, dovrete attuare tutto il vostro programma.  La civetta simbolo di saggezza e astuzia mangerà il serpente Euro?

 

di Jacques Sapir, 30 dicembre 2014

Così prevede la Costituzione: ci saranno elezioni anticipate in Grecia, che dovrebbero svolgersi il 25 gennaio. Con l’incapacità del premier Samaras di far eleggere il suo candidato alla Presidenza della Repubblica (che in Grecia richiede una maggioranza qualificata di 180 deputati del parlamento), è giunta l’ora della resa dei conti. Questa resa dei conti giunge a liquidare una politica disumana imposta da Samaras agli ordini della “Troika”, vale a dire, giova ricordarlo, la Banca Centrale Europea, la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale. E liquida anche la politica ipocrita di questo governo comandato dall’alto, che non ha né rimesso in ordine le finanze pubbliche (parte delle risorse fiscali sono “fittizie”, perché la gente non può permettersi di pagare) né portato a un ritorno alla crescita. Egli ha annunciato un “glorioso” 0,7%, con  il paese che ha sperimentato dal 2009 una recessione di quasi il 25%.

Queste elezioni sono un esempio da manuale dell’interferenza sempre più pesante dell’Unione europea nella vita democratica dei popoli. Diverse voci autorevoli hanno già minacciato gli elettori greci dei mali peggiori se dovessero votare “male”. E si sa, SYRIZA, il partito della sinistra radicale, è in testa nei sondaggi. Abbiamo anche visto, ed è una vergogna per tutti i francesi, Pierre Moscovici, che è stato un ministro delle Finanze deplorevole, trasformarsi in esecrabile rappresentante della Commissione europea e andare ad Atene per spiegare ai greci come votare. E’ vero che è un’abitudine di questo sgradevole individuo mentire su ordinazione; ce ne aveva dato la prova già nel 2012. Il FMI ha inoltre subito sospeso il suo programma di aiuti alla Grecia. Che non si venga più a parlarci di “democrazia” da parte delle grandi organizzazioni, sia europee che internazionali.

La situazione della Grecia può essere riassunta in due grafici. Il primo mostra l’evoluzione del PIL rispetto al 2007. Il crollo del PIL è davvero spettacolare e comporta un impoverimento di gran parte della popolazione.

Grafico 1

g_1

Fonte: Database FMI

Ma c’è di peggio. Se guardiamo agli investimenti, sia come percentuale del PIL che come valore assoluto, vi è un crollo drammatico. Siamo nel 2014 al 64% del valore degli investimenti del 1999.  Questo crollo, che va ben oltre una correzione rispetto agli anni 2000, contrassegnati dalle spese legate ai Giochi Olimpici, ha diverse implicazioni. Prima di tutto, una distruzione di capitale a causa del mancato rinnovamento, che porrà alla Grecia un problema formidabile nei prossimi anni. La mancanza di manutenzione alle infrastrutture, siano esse private o pubbliche, porta a un deterioramento, che porterà ad un aumento dei costi di manutenzione da qui alla fine del decennio. Inoltre, la produttività del lavoro, non sostenuta dagli investimenti, che mancano, continuerà a calare, rendendo più che problematico il ritorno alla competitività dell’economia greca. Solo una diminuzione dei salari o una svalutazione permetterebbero di mantenere i guadagni di produttività che sono stati pagati a caro prezzo dal popolo greco.

Grafico 2

g_2
Fonte: dati FMI

Si vede chiaramente che ciò di cui il paese ha bisogno non è di continuare con la politica dell’austerità omicida (o, l’austerità uccide, il tasso di mortalità è aumentato considerevolmente negli ultimi anni in Grecia). Ha urgente bisogno di una politica di stimolo con un intervento massiccio di spesa pubblica. Ma è qui che sorge il conflitto tra il possibile governo di SYRIZA e le autorità della Troika. Il programma di SYRIZA, che i sondaggi danno attualmente molto in vantaggio, prevede tra l’altro queste misure:

  • Moratoria sui debiti delle famiglie e dei piccoli imprenditori verso le banche;
  • Alzare il salario minimo;
  • Cancellazione di quasi due terzi del debito pubblico ritenuto “ingiusto”;
  • Inserimento di una “clausola di sviluppo” per garantire che il denaro speso per la ripresa economica non venga conteggiato nel bilancio;
  • Ricapitalizzazione delle banche (la cui solvibilità è problematica), senza che gli importi in questione siano inclusi nel debito pubblico del paese.

Questo programma è in contrasto con le regole europee. Non dovrebbe sorprendere. Oggi, il 52% degli intervistati greci dicono di sentirsi piuttosto estranei agli ideali europei. [1] In questa indagine, condotta da Gallup International, il 52% degli intervistati ritiene che sarebbe meglio tornare alla moneta nazionale (la dracma) e solo il 32% ritiene che si dovrebbe mantenere l’euro. Questo è un punto importante, ed è chiaro che i risultati di questa indagine sono integrati dalle varie forze politiche greche. Ciò causerà delle dinamiche sia economiche che politiche che mineranno le istituzioni europee che impongono ai popoli queste politiche di austerità, e in primo luogo, l’euro. Perché, se si arriva alla crisi tra la Grecia e le istituzioni europee, i tassi di interesse saliranno immediatamente, provocando una nuova crisi in Italia. Ma in questo paese, tre partiti, il Movimento Cinque Stelle, Forza Italia e la Lega Nord, hanno preso le distanze, e in alcuni casi grandi distanze, dal dogma dell’euro. SYRIZA lo sa e, tenuto conto della pressione scandalosa sulla vita politica greca da parte delle istituzioni europee, gioca d’astuzia con questo programma. Ma se Tsypras viene eletto, forte della legittimità delle elezioni, la sola legittimità che conta e che esiste, farà sentire la sua voce.

Tutti gli europei che oggi sono giustamente indignati, sia economicamente che politicamente, per le azioni antidemocratiche della Commissione e per le politiche di austerità, devono accogliere con favore queste elezioni. La civetta, animale simbolo di Atena, la dea della saggezza e dell’astuzia, deve mangiare il serpente Euro.  Ma devono, allo stesso tempo, mandare un chiaro messaggio a Tsypras e SYRIZA: se sarete eletti, dovrete attuare il vostro programma. Un altro tradimento sarebbe un tradimento di troppo. Siamo consapevoli che giocherete d’astuzia fino alle elezioni. Ma poi, dovrete attuare il vostro programma, e tutto il vostro programma. Quello che sta succedendo in Grecia avrà delle ripercussioni in tutta l’Europa, e in Francia in particolare. Possono essere delle ricadute positive, se si intraprende la lotta tra i popoli e le istituzioni europee. Possono anche essere negative, nel caso di un nuovo tradimento. Perché quel che si profila dopo la Grecia, è il problema dell’Italia e della Spagna. Sì, il futuro dell’Europa e della democrazia si giocherà ad Atene, e questo sarà altamente simbolico.

 

[1] Gallup International
http://www.orbinternational.com/perch/resources/europeanattitudesresults.pdf, Décembre 2014. voir: www.Gallup-international.com

25 Dec 22:41

Most decade-specific words in Billboard song titles

by Nathan Yau

Unique words in song titles

David Taylor looked for words in Billboard song titles that appeared during a given decade more than other decades. Then he charted usage for the top five of each decade, going back to 1890.

The third column for keyness is an estimate for how much the word is unique to the decade. The graphs show usage over the years, and the decade of interest is highlighted red. So the words with relatively high keyness values will show peaks at and around the red bars. Then there are more generic words like "you" and "we" that are in some of the decades, but they're kind of used throughout.

Other than the topical words per decade, it gets most interesting when you compare this decade to others, more so the farther back you go. For example, look at those words in the 1920s: blues, pal, sweetheart, rose, and Mammy. This decade: we, yeah, hell, f, and die. Mm, classy.

More details on methodology.

Tags: songs, text

25 Dec 22:41

News that China blocks

by Nathan Yau

Inside the Firewall

China blocks sites from its citizens. We know this. But, what do they block and to what extent? Sisi Wei for ProPublica tracked major news homepages with the help of transparency site GreatFire.org and archived the pages for the sampled days.

Each row represents a timeline for a homepage, and a color-coded tick is added for each day a homepage is checked. There are four categories: blocked, no censorship detected, inconclusive (meaning there's mixed results from different testing servers), and no data.

For the most part it looks like there isn't a ton of switches between no censorship and blocked. There's some between inconclusive and blocked, but that might just be a server thing. Hard to say. However, the Wall Street Journal looks like it was blocked around the anniversary of Tiananmen Square, with a mostly green to mostly red transition. And of course, for reference, Facebook and Twitter is a bunch of red.

One interesting bit, and I don't know if it's just a coincidence, but there are some green slivers that appear after December 17, the day the project went up.

Tags: China, firewall, ProPublica

28 Jul 12:26

Restaurant Research Shows That the Customer Isn't Always Right

28 Jul 09:29

Anatomy of Songs [wronghands]





Anatomy of Songs [wronghands]

11 Jul 10:59

Che poi se date a Cesare quello che non è di Cesare, lui lo prende lo stesso.

Che poi se date a Cesare quello che non è di Cesare, lui lo prende lo stesso.

30 Jun 12:02

Photo



20 Jun 13:04

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28 May 12:47

Toh, diventate renziani e zitti.

Biancoand

lol



Toh, diventate renziani e zitti.

07 Apr 14:36

"Io, quelli che pensano che per fare politica basti la voglia, l’entusiasmo, la passione, li capisco..."

Io, quelli che pensano che per fare politica basti la voglia, l’entusiasmo, la passione, li capisco bene.

Anch’io ho sempre avuto una gran voglia di mettermi al pianoforte e suonare Rhapsody in Blue di George Gershwin, o Take the A Train (che è di Billy Strayhorn, ma se è così famosa è merito di Duke Ellington).

Così una volta mi sono seduto a un piano, in preda a un sacro fuoco interiore, e ho provato.

Niente. Senza saper suonare non funziona.



- Segreti accordi politici | MIX
31 Mar 15:14

La Sindrome di Yeltsin e il ritorno delle Potenze.

by Uriel Fanelli
Ogni volta che vedo spuntare sui giornali quanto sia popolare Putin in Russia, ed ora vedo quanto popolare sia Erdogan in Turchia, e poi vedo che alcuni giornali cianciano di "Ritorno delle Potenze", mi scopro a chiedermi "ma perche' guardano il dato sbagliato?" . Il vero problema non e' quanto sia popolare Putin in Russia. Non e' una sorpresa. E non e' nemmeno quanto sia popolare Erdogan in Turchia. Anche questo e' risaputo. Il problema che dovremmo farci semmai e' un altro: quanto e' popolare Putin in Germania, Italia, Francia, Inghilterra?



Questo e' il punto del problema, e questo e' l'interrogativo: i leader che appaiono piu' forti , piu' inamovibili, piu' rigidi, ed a volte persino piu' violenti, stanno entrando nella hit parade della politica europea , e nessuno si chiede il perche'.

In questo senso, sarebbe utile conoscere la storia della Russia moderna, per capirlo.  Se non si capisce per quale motivo i personaggi come Putin , Erdogan , ma anche leader molto fermi nel dire "NO"  siano  in tale ascesa.

Dopo il crollo del comunismo, la Russia fu semplicemente assalita dal peggio dei gangsters delle borse americane ed inglesi. Nonostante non mancasse la pubblica amministrazione russa , e nonostante non mancassero certo persone oneste in Russia, essi non persero tempo a costruire qualcosa di buono. Cercarono sistematicamente i mafiosi locali, che arricchirono sino a farne degli oligarchi, e ridussero la Russia in un luogo da cui fuggire. Nel periodo in cui la "Democrazia" arrivava in Russia, fuggirono a questa situazione , che definirei "pre-batistiana" quasi 50 milioni di russi, tale fu la drammatica catastrofe demografica avvenuta in quel periodo.

Se nel periodo comunista il russo poteva almeno uscire di casa per andare a bere vodka col vicino, in quel periodo rischiava di venire ucciso o rapinato dagli "Uligani", o venire coinvolto in qualche sparatoria tra gang di mafiosi. Le donne andavano letteralmente scortate, le giovani venivano rapite per rifornire i mercati della prostituzione, un fiume di droga invase la nazione, che divenne un inferno invivibile.

Quando i russi volevano piu' polizia, o solo una polizia migliore, veniva risposto loro che il comunismo era finito, e che quella era la democrazia e la via occidentale. Per anni la gente imploro' non dico il ritorno dello stato comunista, ma almeno l'arrivo di uno stato qualsiasi. E parlo di una situazione al cui confronto i peggiori quartieri di Napoli sembravano il centro di Zurigo. in confronto.

Ora, quando arriva Putin e torna lo stato, e' ovvio che tutti fecero festa. Non te ne frega un cazzo se qualcuno perseguita i gay, se nella situazione precedente i bambini venivano rapiti per girare snuff movies, o per essere venduti in qualche mercato di pervertiti: a quel punto, rivuoi una morale qualsiasi , e se si esagera nell'altra direzione, beh, quando hai visto l'inferno, e l'inferno ti ha detto "io sono la democrazia", allora sei ben felice della tua dittatura.

Questa e' la sindrome Russa: una mostruosa massa di potenti gangster che arrivano, chiamano "liberta' " i loro porci comodi, e riducono ogni cosa in un inferno. Dopo questo, chiunque porti un minimo di ordine e' il benvenuto. Putin non ha bisogno di nascondere le sue tendenze autoritarie, perche' dopo aver spedito in carcere un pochino di oligarchi, e aver fatto vedere le loro famiglie implorarlo per una decina di anni, il russo ha capito una cosa: che finche' ci sara' qualcuno come Putin, quell'orrore chiamato democrazia non tornera'.

Che quell'orrore fosse davvero democrazia o che ne abbia usurpato il nome e' un problema tipico degli idealisti, cioe' dei farlocchi umanisti. Questo e' quanto accadde, e questo e' il nome che gli fu dato. Magari Democrazia non era il nome giusto, e magari voi dovreste chiamarvi Agamennone. Invece voi non vi chiamate Agamennone, e quella si chiamava democrazia.

Chiarito come mai Putin sia stato cosi' popolare, e come sia popolare oggi, occorre adesso chiedersi per quale motivo sia cosi' popolare in occidente. Perche' occorre dirlo apertamente: Putin potrebbe vincere le elezioni praticamente in tutta Europa, con pochissime eccezioni.

Come potrebbe fare? Semplice:

"cari signori, vi piace davvero il libero mercato? Le delocalizzazioni per cercare schiavi e distruggere i vostri diritti? I finanzieri che dettano legge? Gli accordi internazionali che legano le mani ai vostri governi? Le borse che vi danno una crisi ogni 4 anni? Le banche che sprecano soldi e poi chiudono i buchi coi vostri soldi? La criminalita`che dilaga? Gli sbarchi di clandestini? L'insicurezza per le strade? La precarieta' del lavoro? Tutto questo lo vogliono loro, quelli che parlano di liberta' e di democrazia. Ma basta pagare un piccolo, piccolissimo prezzo, e sacrificare alcune liberta', e un pochino di democrazia, ed avrete sicurezza, meno crisi economiche, futuro , e vi toglierete la soddisfazione di prendere a CALCI questi prepotenti sinora impuniti, cosi' come vedete dal fatto che la  fibia della mia cintura sia la testa di John Elkann impagliata. Secondo me stava troppo bene a casa coi suoi, era ora che uscisse.

capite che nella situazione attuale, ove esiste un immenso capitale di odio pronto per essere investito, una proposta simile vincerebbe le elezioni. E' inutile negarlo, se prendiamo il giovane disoccupato medio e gli promettiamo che John Elkann si fara' una decina di anni di lavori forzati , il voto lo otteniamo. Lo otteniamo perche' il giovanotto in questione li ha insultati.

Quanto piene le palle ne hanno i lavoratori vittime di delocalizzazioni, di questo "libero mercato?". Molta. La verita' e' che se a molti di loro fosse stato detto che sarebbe finita cosi', il G8 di Genova sarebbe finito con otto teste a penzolare da un pennone , nel porto.

L'occidente sta subendo una "medicina russa". Una crisi finanziaria ogni cinque anni, una guerra (fredda o meno) ogni dieci, miliardi relagati alle banche mentre si urla agli "aiuti all'industria" , i mercati che vogliono lo smantellamento del welfare, i mercati che vogliono lavoratori schiavi, i mercati che vogliono tutto il peggio che possa succedere ad una popolazione.

Un futurista che, come un tempo si grido' "uccidete il Chiaro di Luna" , oggi gridasse "il libero mercato va stritolato sotto il pugno di ferro dello stato", oppure un fantozzi che dicesse "i Mercati sono una cagata pazzesca", probabilmente troverebbe molti voti, a patto di essere credibile.

Ed e' questo il secondo punto: occorre una testa da appendere alla cintura. Occorre cioe' un leader che , per fare un esempio dell' Italia, arrivi e sbatta in carcere, in rapida successione, Silvio Berlusconi e i figli, De Benedetti ed i figli, e gli Elkann. Cosi' come Putin mando' in carcere Khodorkowsky. Era l'uomo piu' ricco della Russia, l'immagne di quella democrazia che stava arricchendo incredibilmente alcuni, devastando la societa' sino alle radici piu' profonde. Era la vittima perfetta, perche' sbattendo in carcere lui, il socio Levbedev , e per poco non ci finiva anche Nevzvlin (che fuggi' in ISraele) , Putin mostro' semplicemente che i suoi non erano sloagan: lui avrebbe schiacciato quelle merde sotto lo stivale dello stato, e tolto loro il potere.

Allo stesso modo, il potere che i populisti hanno e' sinora stato frenato solo dal fatto di non aver mostrato questo potere, ovvero il potere di schiacciare i prepotenti sotto il tallone dello stato. Tempo fa scrissi una cosa su questo blog, che mi attiro' molte critiche, ovvero che "i finanzieri sono i prossimi ebrei (sottinteso: a finire nei forni)". Intendevo dire che il capitale di odio e di riprovazione che le masse stanno accumulando verso questi personaggi prepotenti e' tale che i personaggi politici che ce l'hanno con loro non vengono votati non perche' non trovano approvazione, ma perche' NON DANNO PROVE TANGIBILI DEL LORO INTENTO.

Grillo, per dire, iniziera' a perdere voti quanto la popolazione si rendera' conto che di tutti quelli che doveva mandare a casa, a casa non ci e' finito NESSUNO. Questo e' il punto di credibilita' che manca a Grillo per avere il 51% che lui sogna: il potere e' ancora li', arrogante, prepotente come prima, e a Grillo manca il "Bulgar Display of Power (LOL)" che convince le masse che si, tu sei proprio l'uomo che fa per loro. Mancano a Grillo le teste da appendere alla cintura.

La verita' e' che un politico come Putin e' nelle segrete speranze di tutti quelli che ne hanno le palle strapiene dei finanzieri e dei banchieri attuali. Uno che si pulisce il culo con gli accordi internazionali, che se ne frega dei potenti,c he sbatte in galera i "master of the universe", che prende a calci quel 5% che oggi ha il 50% della ricchezza e ride in faccia agli altri.

Chi crede che l' 82% di consensi di Putin sia dovuto alla propaganda o al fatto che perseguiti giornalisti non ha capito niente. In un mondo ove l' 1% possiede tutto e il 99% non possiede niente, un leader del genere potrebbe tranquillamente prendere il 99%.

I leader come Putin traggono la loro popolarita' dal numero di teste che portano appese alla cintura,e dalla IMpopolarita' di tali teste.


Essenzialmente, il meccanismo che porta al potere queste persone e' questo:

  • Esiste una grossa diseguaglianza che colpisce la popolazione. Da un lato una piccola minoranza arrogante e prepotente, dall'altra la maggioranza della popolazione.
  • Arriva un nuovo politico. Il quale dice di essere contro questo establishment, e lascia intendere di essere un uomo forte che li rimettera' in riga.
  • L'establishment si allarma per i toni  e inizia a martellare sui giornali.
  • La massa, resasi conto che il potere TEME questo nuovo politico, si fida inizialmente della PAURA che il potere ha di lui. Se il potere lo teme, pensano,  allora e' lui l'uomo forte che cerchiamo.
  • La massa vota il politico, e lui va al potere, anche se non ha ancora percentuali bulgare.
  • Nel caso di Putin, immediatamente prende un pochino di ricconi e li sbatte in galera. Poi prende un pochino di mafiosi e li fa sparire, avendo cura di far comparire i loro cadaveri con buchi fatti da armi di ordinanza di FSB.  Poi prende un pochino di persone che commerciano coi capitalisti di Wall Street, e le fa sparire nel nulla. 
  • A quel punto, la popolazione rivota il Putin, dandogli una vittoria netta e plebiscitaria.
  • A quel punto, la popolazione vede che Putin e' davvero l'uomo forte che combatte contro i maiali bastardi di prima, e gli offre fedelta' incondizionata.
potete capire che ai vari aspiranti Putin occidentali manchino solo le due parti in rosso. Grillo, cioe', non ha ancora tolto di mezzo nessuno. Usa i toni di chi lo farebbe volentieri, parla di guerra, di rivoluzioni, dice " e' finita", ma a tutt'oggi, il potere ed i suoi uomini sono ancora tutti li'.

Insomma, il punto e' semplice: il primo politico che si proporra' come uomo forte E RIUSCIRA' ad eliminare l'establishment attuale, otterra' la gratitudine e la fiducia incondizionata della popolazione.

non esistendo piu' un ceto medio, la distanza (anche numerica) tra i ceti bassi e quelli alti e' enorme. Il risultato di questo e' che non esiste comunicazione tra le classi, e le classi deboli cercano un leader che si mostri piu' forte dei dominatori. E' solo questione di tempo, ma il primo leaderino che riuscira' ad appendere una sola testa alla propria cintura, vincera'.

Di tutti i leader che sono arrivati sinora alla fase "blu", nella scaletta sopra, nessuno ha appesa alla cintura una testa abbastanza significativa. Sinora, cioe', nessun paese occidentale e' ancora passato alla fase "rossa", come invece e' successo in alcuni paesi del sudamerica, e come sta succedendo anche in Turchia.

Riguardo alla Le Pen , adesso che ha vinto il problema e' capire chi e' destinato a saltare. Se Marine le Pen riuscira' a procurarsi una testa francese da appendere alla cintura, alle prossime europee probabilmente riuscira' ad ottenere percentuali plebiscitarie. Deve solo attaccare qualcuno tra quelli considerati "potenti" e poter dire "l'ho fatto fuori io", e l'odio delle classi deboli francesi trovera' sicuramente un leader, cui daranno il voto di nuovo, e che fara' fuori altri (pre)potenti allo scopo di avere ancora piu' credibilita': cosi' come Putin trae forza quando umilia gli USA, la Le Pen cerchera' di distruggere qualcuno, per trarre forza per le prossime elezioni.

Qui andiamo al secondo punto: il ritorno delle potenze.

L'idea di un ritorno delle nazioni sulla scena della grande politica e' l'incubo dei finanzieri che hanno imposto la loro agenda al mondo negli scorsi anni. Inizialmente, c'erano solo gli USA. Poiche' gli USA erano succubi delle lobbies, allora i finanzieri si sono lanciati alla conquista del mondo. Dal momento che attaccare loro significava attaccare gli USA, ragionavano, allora potevano  imporre quel che volevano.

Erano i masters of the universe, ma adesso la situazione sta cambiando. Prima, nessuna Merkel poteva decidere di tagliare di 90 miliardi ogni anno le spese dello stato tedesco, se i grandi paperoni avessero deciso contro l' "Austerity". Allo stesso modo, nessun leader europeo avrebbe potuto imporre AIFM , viglianza bancaria, tassa sulle transazioni finanziarie, e tutto quanto si e' deciso dopo la crisi. E' successo che stava nascendo una potenza regionale, almeno in senso economico, a Berlino.

Poi, in Russia , prima Putin caccia via la British Petroil, poi caccia via TUTTE le aziende americane che hanno pozzi di qualsiasi cosa. Prima di Putin, bastava loro allungare dollari ai parlamentari della Duma, e potevano fare quel che volevano. Poi si e' aggiunta l' India. Poi la Cina. Poi in sudamerica i governi si sono messi a tirare cazzotti: era nata una potenza regionale, il Brasile di Lula, e i "signori dei liberi mercati" non sono piu' benvisti.

Insomma, quando nascono i governi, il "business" vale MENO della "ragione di stato": questa e' la paura dei finanzieri.

Sinora, l'agenda finanziaria era sempre stata in primo piano, incombente sulla politica nazionale. Da quando parte la nascita di nuove potenze regionali, il business viene dopo ai piani di medio e lungo periodo di alcuni governi. Ed i masters of the universe iniziano a prendere mazzate.

Inizialmente, nel delirio di onnipotenza che li contraddistingue, decidono di reagire come sovrani medioevali: ai paesi africani che non obbediscono e accettano investimenti ed influenza cinese regalano una bella crisi alimentare, alzando i prezzi del cibo. Risultato: primavere arabe e rivolte, e risultato, Al Sisi grande amico di Putin.

Ai paesi come la turchia, che non voleva piu' obbedire alla NATO che governava tramite i generali , hanno regalato una crisi devastante togliendo fondi al Real Estate, causando cosi'una catastrofica crisi immobiliare. E oggi Erdogan e' ancora piu' forte. Hanno dato una crisi finanziaria all' Europa, e oggi la Merkel e' piu' forte che mai, e manovra per cacciare Portogallo, Italia e Grecia dall' Euro.(1) Hanno creato la tempesta perfetta per colpire le esportazioni russe, ed oggi Putin e' sempre piu' forte.

Gli americani non capiscono che quando un popolo trova un leader con cui identificarsi, non lo abbandona certo per una crisi economica. Se avessero imparato qualcosa dal passato, saprebbero che quando un popolo identifica il proprio capo come MEMBRO della tribu', non lo tradisce MAI, sino all'ultimo.

Essenzialmente, in Italia, oggi come oggi si aspetta un leader che usi le parole della forza, che si proponga orgogliosamente ed esplicitamente come uomo forte, che non venga dal passato, e che riesca ad abbattere almeno un pezzo grosso tra i grandi del potere di oggi.

E' come un tiro a segno. Moltissimi prendono la rincorsa e sparano due o tre colpi, sperando di colpire il bersaglio. Il primo tra questi nuovi leader che riuscisse ad abbattere il primo pezzo grosso, otterra' un plebiscito.

Un leader che:

  • Sappia parlare.
  • Non sia ridicolo quando appare in pubblico.
  • Sia capace di portare gente sotto, che so, la Borsa, ed incendiare l'edificio.

in Italia potrebbe avere, alle prossime elezioni, tra il 60 ed il 70% dei voti. E non e' un'utopia, e' lo stesso risultato dei vari Putin ed Erdogan: appena appena qualcuno dice "io rappresento la gente" e "ad affamare la gente sono loro", non deve fare altro che far fuori qualcuno dei "loro" e ha la strada per il potere aperta.
Non credo Grillo sia cosciente del fatto che basti oggi far fuori qualcuno dell'establishment per  spianarsi la strada. Lui vorrebbe farlo, ma non capisce quanto sia UTILE per il suo movimento che lui lo faccia. Lo ha capito Messora il propagandista, che continua a titolare "tizio distrugge caio" , oppure "tizio del M5S umilia caio (dei nemici)" perche' in qualche modo ha capito il BISOGNO, la richiesta popolare di un eroe del popolo che distrugga uno ad uno i potenti.




questa e' la figura che il popolo va cercando. In un certo senso,hanno ragione negli USA quelli che dicono che il mondo si sta "preoccupantemente girando in direzione del comunismo", ma d'altro canto, il comunismo e' l'unico mondo ove si trova il concetto di eroe del popolo che combatte e sconfigge i ricchi prepotenti, almeno l'unico che il mondo ricordi.

Quando scrissi che banchieri e finanzieri sono i prossimi che passeranno per un camino, mi riferisco proprio a questa tendenza: di questo passo, e' solo questione di tempo, e il primo leader (come Putin) capace di prendere a calci i potenti gode di una simpatia enorme anche in Occidente.

Ovviamente, Putin e' un ottimo politico e ha notevoli doti strategiche, del resto per buttare giu' qualche grossa testa anche in occidente occorre uno che sia un pochino piu' abile di Grillo (che in ultima analisi ha un partito per proteggere le sue attivita' nell'edilizia, vedi il post a FAVORE delle aziende che NON hanno pagato i contributi ai dipendenti (2) ) ma e' solo questione di tempo.

E' ormai chiaro a tutti che la testa del John Elkann di turno, o del pargolo De Benedetti,  appesa alla cintura sia il biglietto da visita perfetto per vincere le elezioni con una media plebiscitaria, e da quel momento in poi torna la "Nazione" con la N maiuscola, ovvero il "NOI" che dopo aver purgato la Patria dai suoi oppressori, inizia a tirare sberle ai loro amici.

Di conseguenza, oggi la caccia e' aperta, ed e' solo questione di tempo. In ultima analisi, per essere come Putin in Italia basta avere un partito, dire di essere l'uomo forte che lottera' per la Patria ed i suoi figli, e la testa di un pezzo grosso alla cintura.

Dei primi due requisiti c'e' abbondanza, il terzo e' solo questione di tempo , tentativi e fortuna.

Dopodiche', se fossi un banchiere e fossi in voi, farei subito una cosa: SCAPPARE.

Sperando che poi la cosa non si espanda sino al posto ove scapperete.

Uriel



(1) Fu Kohl a volerli dentro. E ci fu un certo dibattito quando Kohl accuso' la sua "pupilla" di voler distruggere la "sua Europa". https://www.google.com/search?q=kohl+merkel+maine+europa&ie=utf-8&oe=utf-8#q=kohl+merkel+Die+macht+mir+mein+Europa+kaputt&safe=off

(2)Si, questo toglie loro la pensione, ma che vuoi, siete una comunita', qualcuno che ospitera' questi vecchi muratori e gli offrira' un piatto di pasta lo troverete...

http://www.keinpfusch.net/
13 Mar 09:05

Quello dei medici obiettori è un cancro. Pregare non migliorerà certo le cose.

Quello dei medici obiettori è un cancro. Pregare non migliorerà certo le cose.

11 Mar 15:05

[...]

by luigi castaldi

Fin dal suo farsi la nuova legge elettorale promette che sarà una vera merda, ma per fortuna abbiamo una Consulta che sorveglia attenta e prontamente, tra una dozzina d’anni, la straccerà perché incostituzionale. Pretendere che se ne accorga il Quirinale, le neghi la vidima e la rispedisca alle Camere sarebbe chieder troppo, perché si sa che Napolitano è uno che non esorbita di un angstrom dal suo ruolo e non interferisce nella fisiologica dialettica tra due associazioni a delinquere che tentano un accordo.

17 Jan 09:58

01/15/14 PHD comic: 'Running Behind'

Piled Higher & Deeper by Jorge Cham
www.phdcomics.com
Click on the title below to read the comic
title: "Running Behind" - originally published 1/15/2014

For the latest news in PHD Comics, CLICK HERE!

09 Jan 09:01

«Imparare dalla storia che da essa non c’è niente da imparare» (Elias Canetti)

by luigi castaldi

Le analogie tra Renzi e Berlusconi sono tutte aleatorie. Se somiglia a qualcuno, il nuovo segretario del Pd, è al Craxi del 1976: arriva alla segreteria, occupa i gangli vitali del partito coi suoi uomini, mostra modi spicci, indulge nella battuta liquidatoria e strafottente, e una gran fame di governo lo spinge a muoversi con un’irruenza da cinghialone che a lungo non trova resistenze. Ma forse le analogie, in politica, sono tutte aleatorie, e dunque lo sono anche queste.

04 Jan 14:50

L’incidente di Schumacher è la dimostrazione che alla sfiga non piace essere banale.

L’incidente di Schumacher è la dimostrazione che alla sfiga non piace essere banale.

04 Jan 14:35

Mens insana in corde insano

by Volpe

Le dita più lunghe delle nostre mani sono l’indice e il medio; un messaggio significativo dell’evoluzione, Darwin sogghignerebbe a braccetto con Freud. Io non sogghigno: sono stufo di indignazione e vaffanculismo, di populismo e disprezzo.

Partiamo dalla ignobile vicenda delle strumentalizzazioni della vita di Caterina Simonsen, una studentessa di veterinaria di Padova, una venticinquenne malata di gravi patologie che la costringono a passare gran parte della propria giornata attaccata a un respiratore. La studentessa ha voluto lanciare un messaggio a favore della sperimentazione animale, convinta com’è della loro necessità per poter sviluppare medicine di importanza fondamentale per la cura, aggiungendo il proprio caso personale: se la sperimentazione animale non ci fosse stata, afferma Simonsen, le medicine che l’hanno curata non sarebbero state inventate.

Repubblica, Corriere e tutta la pattuglia dei giornali “seri”, quelli borghesi dalla morale comune, hanno ripreso innumerevoli commenti di animalisti furiosi, che le hanno augurato sofferenze e morte. Tra quelli che mi sono “piaciuti” di più, quelli che ritenevano che se anche solo un topo di laboratorio fosse morto per lei, allora sarebbe stato meglio fosse morta lei.

Ora, il punto di partenza della questione è questo: la ragione o il torto non stanno dalla parte di chi urla più forte, ma vale anche il viceversa. Il fatto che uno, mille o diecimila teste di cazzo urlino come ossessi augurando la morte a Berlusconi, Boldrini, Kyenge, Simonsen o Travaglio non significa che questi abbiano torto o ragione nel merito. Utilizzare le teste di cazzo per squalificare gli argomenti o i temi per cui lottano è uno squallido espediente retorico. Purtroppo è quello più utilizzato oggigiorno, trasversalmente, da Grillo a Berlusconi, dai marxisti-leninisti terzomondisti a Forza Nuova, dal Giornale a Repubblica.
Ciò di cui tutti oggi abbiamo bisogno è un set di verità facili e precostituite. Qualcosa che ci colpisca allo stomaco e ci mostri la strada – laddove possibile, senza bisogno di informarci e studiare. Quando non è possibile, dobbiamo avere un pacchetto di proposte unilaterali – il blog di Grillo, la pagina facebook di SEL, Repubblica, il Fatto Quotidiano, il Giornale, l’Economist, gli “unici affidabili”, gli unici che “dicono la verità” – e diffidare di tutto il resto. Abbiamo bisogno di figure di riferimento, leader carismatici, persone infallibili, maestri del pensiero che ci dicano quello che vogliamo sentirci dire: Travaglio, Scalfari, Saviano. Per evitare la fatica di confrontare le posizioni, faticare su giornali e giornalisti, su fonti e immagini, su video e su siti istituzionali in cui trovare le conferme ufficiali a cifre e dati snocciolati da questo o quello, in ultima analisi rinunciando a tutto ciò di cui abbiamo bisogno per esprimere un ragionamento. Quando si manifesta una sinergia fra le posizioni, è allora che siamo tutti più felici: belli i tempi dell’anti-berlusconismo collettivo, quando Travaglio e Scalfari andavano a braccetto, quando il Fatto e la Repubblica erano la stessa cosa e si poteva leggere il blog di Grillo indignandosi assieme a lui da tutto l’arco pseudocostituzionale, che si fosse vendoliani o dalemiani, marxisti o liberali. Si era tutti amici e fratelli, allora. Poi purtroppo sono arrivate le larghe intese e le sfide per i nuovi governi, e si è visto presto come tutta la retorica venisse volta contro il nuovo nemico. Non diversamente da quello che si fece nel 1948 quando, risolta la guerra contro i nazifascisti, sinistra e democristiani utilizzarono l’armamentario retorico appreso nella propaganda di guerra per tirare bastonate in testa ai nuovi nemici.

In quel momento, per esempio, e cioè nel 1984 (seppure quello era il 1984) l’Oceania era in guerra con l’Eurasia ed era alleata con l’Estasia. In nessuna conversazione pubblica o privata era stato mai ammesso che le tre potenze, in qualsiasi tempo, fossero state aggruppate in uno schieramento diverso. Veramente, come Winston ricordava, erano solamente quattro anni che l’Oceania era in guerra con l’Eurasia e alleata dell’Estasia. Ma questa era come una specie di nozione rubata, ch’egli per caso possedeva perché la sua memoria riusciva a non essere del tutto sotto controllo. Ufficialmente, uno scambio di alleanze non era mai avvenuto. L’Oceania era in guerra con l’Eurasia: quindi l’Oceania era sempre stata in guerra con l’Eurasia. Il nemico del momento rappresentava sempre il male assoluto, e ne conseguiva che qualsiasi alleanza, passata o futura, con lui diveniva impossibile.
—– George Orwell, “1984”

Ma torniamo, per esempio, al nostro punto di partenza: il dibattito sulla sperimentazione animale. Sarebbe gradito che si discutesse nel merito delle questioni, questioni che sono essenzialmente due: una che riguarda l’efficacia e l’altra l’etica della sperimentazione, ovvero se sperimentare sugli animali abbia una sua utilità e se, a prescindere dall’utilità, sia accettabile sacrificare salute e vita di esseri viventi per la ricerca medica e farmacologica.

Affrontare questi temi ha delle implicazioni enormi. Per quel che riguarda l’efficacia e l’utilità della sperimentazione animale, è necessario innanzitutto che chi non conosce il campo di studio si affidi all’opinione degli esperti, o che comunque debba necessariamente approfondire le questioni tramite la loro intermediazione. Ma anche in questo caso, poiché la scienza non è la verità ma tutt’al più un tentativo di approssimazione della verità, bisogna lasciare a ognuno il diritto di formare una propria opinione motivata al termine del confronto, finché questa è basata su dati, valutazioni, approfondimento e, sopra a tutto, buona fede. Non si deve cadere nell’ipse dixit ma nemmeno si può pensare che l’opinione di un biologo esperto del campo abbia lo stesso peso di quella di un geometra, di un avvocato o di un elettricista che non conoscono in nulla o quasi quelle tematiche. E allo stesso tempo, il biologo dovrebbe riflettere sul fatto che nella scienza molti grandi progressi si sono raggiunti remando controcorrente: la difesa a oltranza delle convinzioni condivise dalla gran parte degli scienziati può essere commendevole in un mondo oppresso dalle urla belluine degli ignoranti appassionati di un argomento controverso, ma non deve mai tradursi nell’arroccamento nella torre d’avorio, nel non saper mettere in discussione continuamente le proprie convinzioni (il dubbio è il vero motore del pensiero scientifico e del progresso umano), e soprattutto nel disprezzo per persone che, in buona fede, sono interessate e preoccupate dalle implicazioni etiche della scienza e dai rischi dello scientismo e della tecnologia per la vita umana e animale, per l’ambiente, per l’ecosistema del pianeta.

Entra così in gioco il secondo aspetto: quello etico. Nei temi che riguardano la vita degli animali, dalla sperimentazione biomedica al vegetarianesimo, per esempio, si aprono questioni di importanza capitale da questo punto di vista, e le domande destinate a restare senza una risposta intrinsecamente vera sono infinite: come si può pretendere da un genitore che egli consideri più importante la vita di un milione di cavie da laboratorio rispetto a quella del figlio o della figlia? Si può essere contrari alla sperimentazione sugli animali ed essere vegetariani, e poi imporre ai propri animali una dieta a sua volta vegetariana o vite innaturali? Si può accettare qualche forma di schiavitù sugli animali, come possedere un animale domestico, spesso e volentieri prodotto di centinaia di anni di selezione innaturale che ha portato animali come i lupi a diventare razze canine pregiate, la maggior parte delle quali piagate da malattie genetiche che rendono le loro vite problematiche e del tutto incapaci di essere vissute se non in ambienti artificiali controllati dall’uomo? Cosa avverrebbe se tutto il mondo domani si scoprisse vegetariano o vegano di tutti gli allevamenti, di tutti gli animali che vengono allevati a scopo puramente alimentare? Chi se ne occuperebbe, darebbe loro da mangiare? Andrebbero sterilizzati o dovrebbero essere lasciati liberi di riprodursi? Molti vegetariani e vegani non si preoccupano di dare risposte a queste domande: lo fanno perché tanto sanno che questa opzione non è dietro l’angolo e quindi non vale la pena pensarci? Quale differenza razionale fra un testimone di Geova che preferisce lasciare che il proprio figlio muoia piuttosto che consentirgli una trasfusione e un animalista che preferisce che il proprio figlio muoia piuttosto che usare farmaci testati sugli animali? E nel nome di quale ideologia e fino a che punto siamo autorizzati a spingerci per imporre scelte e forzare la mano di chi non condivide la nostra opinione? Fino a che punto possiamo imporre cure o morte di esseri umani e animali a prescindere?

Il punto è che non ci sono risposte semplici a queste domande: e nonostante ciò temo che il punto di partenza della maggior parte di noi coinciderà col punto di arrivo: gli altri saranno sempre persone del sistema – compromesse pagate sfruttate più o meno consapevolmente – o picchiatelli ignoranti e fuori di testa. Untermenschen di cui ridere e a cui destinare l’indignazione o il vaffanculo di turno.
Invece è necessario sapere distinguere per bene tra ciò che è vero, ciò che è verosimile, ciò che è presunto, e ciò che è falso, anche per sapere a chi e su che cosa sia appropriato rivolgere i nostri insulti e il nostro disprezzo.

La difficoltà e l’importanza di valutare la verità e l’ethos nelle questioni si può dedurre anche in altri casi, come quando si mescolano tematiche di piani differenti. Molti vegetariani, per esempio, auspicano che la sfida posta dal cambiamento climatico induca ad abbandonare il consumo di carne, che è molto più inquinante di una dieta vegetariana. Eppure non sanno che studi scientifici calcolano che per produrre 1 chilo dalla coltivazione del riso, a causa dell’alta produzione di nitrati nelle risaie, si contribuisca al cambiamento climatico fino a venticinque volte di più che producendo 1 chilo di carne bovina (1). In questo caso, l’argomentazione pragmatica non è sufficiente a chiedere un cambio di stile di vita: per questo singolo aspetto, è necessario fare una scelta etica. Scelta che spesso non viene fatta trapelare, ed è un errore, proprio perché sotto sotto si sa che l’argomentazione etica rischia di essere percepita come più debole e inficiare il proprio obiettivo. Ma non si può mai mentire o venire meno alla verità per diffondere un’idea: anche quando la verità sembra togliere forza alle nostre argomentazioni, la malafede e la manipolazione delle informazioni non può che fare peggio alla nostra causa.

Argomenti come questi vedono intrecciarsi una enorme quantità di problematiche, come succede anche andando ad analizzare le implicazioni politiche, economiche e sociali che investono le disastrate casse dello Stato italiano. Eppure più il problema è complesso e sfaccettato, e più rischia di attecchire la “soluzione dall’aspetto semplice”, che riesca a sembrare ovvia perfino a chi non ha che al massimo una vaga idea sul tema. A quel punto si avrà buon gioco ad etichettare l’avversario come inetto se non riesce a vederle, o malvagio se appositamente le ignora, con grande successo tra chi basa le proprie “nuove” convinzioni solo su una presunta verità autoevidente e sulla propria ignoranza di partenza.

 

NOTE:

1) Secondo alcuni studi, la carne bovina contribuirebbe alla produzione di gas serra con 11,5 chili di CO2 per chilo di prodotto, mentre il riso contribuirebbe con 276 chili di CO2 per chilo di prodotto. Al di là di questo confronto, su cui vi sono effettivi dubbi, non ci sono dubbi sul fatto che la produzione di riso sia estremamente inquinante e correlata al riscaldamento globale, si veda e.g.: http://www.thinkglobalgreen.org/METHANE.html spiega come il metano sia un gas serra; http://en.wikipedia.org/wiki/Atmospheric_methane#Rice_agriculture riassume il ruolo della produzione di riso nell’inquinamento da metano; nelle pagine finali di http://www.ima.kth.se/eng/respublic/emissions_report_17_set_ACK.pdf c’è un confronto simil-a- capocchia sull’emissione di gas serra durante il processo di produzione di differenti alimenti, in cui si vede come la carne di maiale è più o meno come il riso in termini di contributo globale ai gas serra, mentre i bovini fanno molto peggio anche a causa dei processi industriali e del fatto che non si usino il gas e i liquami prodotti per altri fini, cosa che ridurrebbe molto l’impatto ambientale; infine altri tre articoli (ovvero: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14674519 http://www.treehugger.com/climate-change/rice-growing-more-methane-climate-warms.html http://www.emagazine.com/daily-news/rice-paddies-have-a-methane-problem) in cui si dice che per ogni grado di temperatura che si alza, la produttività del riso diminuisce del 10% e che la produzione di metano dovuta al riso aumenta con il progressivo aumento della temperatura (“The researchers found that rice yields increased by 24.5% due to increased CO2 emissions in the atmosphere, driving up methane emissions by 42.2%”).

15 Nov 21:42

Se la droga vende così bene nonostante tutta la pubblicità negativa che gli fanno, dev’essere...

Se la droga vende così bene nonostante tutta la pubblicità negativa che gli fanno, dev’essere davvero un buon prodotto.

11 Nov 15:46

Ci pensa Dell'Utri

by Wil
«Per la nuova Forza Italia il presidente Berlusconi mi ha incaricato di fare una selezione dei migliori giovani del buon governo. Servono forze nuove, volti nuovi che stiamo cercando in diversi ambiti». (Marcello Dell'Utri, dal Corriere della Sera del 10 novembre 2013)
17 Oct 07:32

Πολεμική τέχνη / 2

by luigi castaldi

«Sapeste la sorpresa e l’emozione che si provano nel
ricevere a casa propria un’inaspettata lettera di un Papa»
Piergiorgio Odifreddi (la Repubblica, 24.9.2013)

«Buongiorno, Santità, sono sconvolto, non m’aspettavo
che mi chiamasse… Posso abbracciarla per telefono?»
Eugenio Scalfari (la Repubblica, 1.10.2013)


 
Alcuni giorni fa mi sono intrattenuto sulla πολεμική τέχνη, ho detto che può essere considerata come la continuazione del duello con altri mezzi, ma che, col differire il fine di annichilire il nemico in quello di dimostrare che l’avversario ha torto, perde l’equipollenza geometrica che ha col duello nel punto della contestabilità dell’esito, perché l’argomentazione ha un limite insuperabile rispetto a quello della forza bruta, che sta nell’aleatorietà del suo successo, sicché puoi avere i migliori argomenti contro chi ne ha di pessimi, e usarli nel modo migliore, ma questo non ti assicura affatto che la vittoria ti sia riconosciuta da chi è stato chiamato ad arbitrare la contesa, tanto menodal soccombente, se pure chi arbitra la contesa l’abbia dichiarato sconfitto: a colpi di randello non c’è discussione, in tutti i sensi.
Oggi vorrei soffermarmi su quello che in buona evidenza è un paradosso: se deporre il randello per impugnare l’argomento è da considerare un salto qualitativo sul piano antropologico, com’è che il nuovo strumento si rivela meno efficace del vecchio? La logica che muove l’evoluzione, qui, non è in favore della soluzione migliore? In altri termini: abbiamo deciso di rinunciare all’inequivocabilità dell’esito di un contenzioso risolto a colpi di randello solo per ridurre il numero di teste fracassate? Se così fosse, si dovrebbe dedurre che la logica che informa l’evoluzione, qui, mira a salvare teste piuttosto che a selezionare quelle migliori. D’altra parte, non sarebbero quelle migliori ad essere selezionate grazie al randello. E dunque: a cosa mira questa evoluzione?
Levandole il connotato teleologico che qui le abbiamo appioppato solo per dare un significato motivazionale a quella che abbiamo chiamato «logica», potremmo dire che sostituire argomento a randello sposta l’arbitrato dalla «natura» alla «società» (e metterle tra virgolette come ho fatto con «logica» mi auguro lasci intendere il connotato che appioppo ai due termini). La polemica come continuazione del duello con altri mezzi, infatti, ha il suo prodromo storico nel duello che si svolge nell’arena, dinanzi a un pubblico. Quando il pubblico comincia a cambiare, l’arena si trasforma in piazza e poi in foro tribunalizio: a quel punto il salto è compiuto, e il duello affida l’esito del cimento a un’opinione «sociale» che si arroga una prerogativa prima «naturale». Siamo al punto in cui il duello, ormai già polemica, è sotto la stessa norma che informa l’opinione pubblica del momento storico in cui si consuma la contesa: non può che consumarsi entro la sfera in cui è la stessa opinione pubblica a darsi norma. La retorica, qui intesa come tecnica dell’argomentazione, diventa lo strumento che nel formare un’opinione pubblica pre-giudica il contenzioso, sicché la polemica comincia a diventare sempre più spesso il modo per saggiare la forza dei contendenti sul piano della «logica» che informa la «società»: le teste fracassate dai randelli cedono il passo agli argomenti che hanno il difetto di essere poco persuasivi.
Qui credo che non sia superfluo ripetere ciò che ho scritto in un altro post. Un buon argomento –scrivevo – deve essere corretto, valido e persuasivo; è corretto quando poggia su premesse incontestabili, valido quando non incorre in tautologie o contraddizioni, persuasivo quando risulta efficace. Non basta che sia solo efficace, dunque, a renderlo buono, perché la persuasività si può ottenere anche con argomenti viziati da errori logici più o meno ben dissimulati o che prendono le mosse da premesse salde solo in apparenza; né basta che sia valido, perché il rispetto della logica proposizionale non assicura un risultato accettabile partendo da false premesse; tanto meno basta sia corretto, perché anche partendo da premesse autoevidenti si può arrivare a conclusioni errate alterando il procedimento attraverso il quale l’argomento viene a costruirsi. (Sul fatto che la «bontà» del «buon» argomento non debba intendersi come qualità morale, e perché, e cosa implichi il fatto, rimando al post in questione.) Il punto sul quale credo sia utile soffermarsi è che un argomento, pur valido e corretto, non è detto che sia necessariamente persuasivo. A costo di tediare il mio lettore, ripeto ancora:la persuasività si può ottenere anche con argomenti viziati da errori logici più o meno ben dissimulati o che prendono le mosse da premesse salde solo in apparenza. E di cosa «vive» il «sociale», se non di quelle premesse che riescono ad apparire ben salde in un determinato contesto storico? Cosa «muove»il «sociale», se non la ricerca della più convincente dissimulazione dell’utile nel giusto, del senso comune nel vero e dell’acconcio nel bello?
Il luogo in cui si consuma la polemica, dunque, ne prefigura in buona misural’esito. E le tesi che scendono nell’agone, ancorché male argomentate, non vi scendono mai sguarnite dell’arma persuasiva che i contendenti ritengono più forte. Perciò – scrivevo – l’argomentare racconta storia e carattere di chi argomenta, non già del Logos che si incarna in chi ne racconta l’incarnazione: la teoria dell’argomentazione non è l’esegesi di una narrazione mitica, ma il tentativo di decostruire la metafisica. E cosa vuoi decostruire del cattolicesimo, cretino, se nell’accingerti a polemizzare con un Papa ti sdilinguisci in carinerie?

[...]  
01 Oct 09:26

Munchau dal FT: non prendiamoci in giro, la recessione non è finita e la zavorra è l'Italia!

by Carmen
Nel suo editoriale sul Financial Times Wolfgang Munchau riafferma che la recessione non è affatto finita, e che il problema più grosso è l'Italia: il paese non ha altra scelta che uscire, e sarà costretto a farlo dagli eventi.  In primo luogo, sulla fantomatica fine della recessione, Munchau denuncia come i leader politici europei abbiano colto al volo il primo piccolo accenno di
29 Sep 12:20

Far cadere un governo di sabato sera è davvero da irresponsabili.

Far cadere un governo di sabato sera è davvero da irresponsabili.

19 Sep 07:35

Sbàmme!

by admin

barnaby

29 Aug 08:09

L’ONU sarebbe molto più autorevole se sganciasse i suoi ispettori con dei cacciabombardieri.

L’ONU sarebbe molto più autorevole se sganciasse i suoi ispettori con dei cacciabombardieri.

29 Aug 08:09

Io non so come sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma ti posso dire che cosa useranno nella...

Io non so come sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma ti posso dire che cosa useranno nella quarta: Bondi.

20 Aug 07:17

È ovvio che Dio, quando disse “andate e moltiplicatevi”, non aveva per niente in mente...

È ovvio che Dio, quando disse “andate e moltiplicatevi”, non aveva per niente in mente la copertura finanziaria.

29 Jul 15:04

Spike Lee’s List of Films Every Filmmaker Should See

by Germain Lussier

2013spikelee1

Spike Lee has been in the news quite a bit recently. He’s got Oldboy, arguably his biggest movie ever, coming out soon, and just began a Kickstarter for his follow-up that will be “about blood and sex.” Being that he’s currently in the public eye, the director of such classics as Do The Right Thing, Malcolm X and Clockers is using the spotlight to educate fellow filmmakers. He’s released a list he gives to his NYU Graduate film students of the films he believes every filmmaker should see.

Thanks to The Playlist for the heads up on this. First, here’s Lee’s explanation.

And here’s the full list, unfortunately presented as two JPEG images.

spike-lee-essentials-list
spike-lee-essentials-list-2

Any surprises on there? Lots. Only two Steven Spielberg films, an odd Woody Allen choice, Spartacus but no 2001 for Kubrick, District 9 and Kung Fu Hustle are included, there’s plenty to discuss here. This is not the typical list.