Un rapporto di Renewable Energy Institute può servire a spiegare in parte le dimissioni del grande capo di Toyota mister Akio Toyoda, uno dei principali sostenitori della strategia all’idrogeno giapponese. Un totale fallimento: secondo il documento pubblicato lo scorso autunno dall’Istituto di Tokyo il 70% del suo budget decennale è stato “speso in cattive idee“.
Il rapporto (leggi) intitolato “Re-examining Japan’s Hydrogen Strategy: Moving Beyond the Fantasy “Hydrogen Society” individua tre aree di criticità.
L’idrogeno nelle applicazioni sbagliate
L’idrogeno è un vettore energetico dispendioso e inefficiente rispetto alle batterie e all’elettrificazione diretta. Quindi l’idrogeno e i suoi vettori sono meglio mirati a utilizzi che non possono essere decarbonizzati in qualche altro modo più semplice. L’aviazione, la navigazione, il trasporto pesante e la produzione di acciaio sono buoni esempi di aree in cui l’idrogeno sembra una soluzione competitiva.
E Renewable Energy institute ha calcolato che circa il 70% – dei 460 miliardi di yen giapponesi (3,5 miliardi di dollari USA) nei budget governativi primari per i programmi sull’idrogeno viene indirizzata verso queste due tipologie di utilizzo, totalmente prive di senso.
Il Giappone ha dato la priorità all’idrogeno sporco
La strategia si basa interamente sull’idrogeno “grigio” almeno fino al 2030, afferma il rapporto. Questo può essere prodotto utilizzando gas metano in uno sporco processo Haber-Bosch che produce quasi sei tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di idrogeno, bruciando anche metano per il calore e contribuendo alle fughe di metano in atmosfera che sono circa 80 volte peggiori per il riscaldamento atmosferico rispetto all’anidride carbonica in un periodo di 20 anni. Oppure tramite la gassificazione della lignite, che è circa il doppio di nuovo per le emissioni.
L’idrogeno sporco è più o meno l‘unico tipo disponibile in grandi quantità al momento. Eppure il Giappone classifica l’idrogeno blu e persino grigio come “fonte di energia non fossile” e deve ancora definire gli standard per l’idrogeno blu o verde e il tratta qualsiasi idrogeno come un buon idrogeno.
Il paradosso è che il piano prevede che il 30% delle centrali elettriche in Giappone siano alimentate da idrogeno anzichè a metano. Ma se l’idrogeno è “sporco” il risultato sarà “un aumento delle emissioni pari al 10%“.
E ha trascurato le rinnovabili
L‘idrogeno verde è attualmente molte volte più costoso. Ma il Giappone è in ritardo rispetto a Europe e Cina nello sviluppo di nuove tecnologie per produrlo. “Europa e Cina sono in testa e guardando agli ultimi sviluppi di questi paesi, l’entità del ritardo del Giappone è spaventosa“, si legge nel rapporto REI.
Solo due aziende giapponesi stanno cercando di produrre elettrolizzatori e una di queste ha raggiunto una produzione in volumi limitati. I costi delle apparecchiature per kilowatt sono circa sei volte superiori rispetto alla concorrenza cinese e non vi è alcuna indicazione che il Giappone possa colmare tale divario sulla sua traiettoria attuale.
Intanto il Sol Levante è in ritardo nello sviluppo della produzione elettrica da fonti rinnovabili (solo il 18% attualmente) e ha come obiettivo il 36-37% entro il 2030, contro il 50% dell’Europa. Il suo potenziale solare non è eccezionale, il settore eolico onshore è ostacolato da severi processi di approvazione, l’eolico offshore è costoso ed è improbabile che l’energia nucleare raggiunga i suoi obiettivi a causa di alcune norme di sicurezza molto comprensibili dopo il disastro di Fukushima disastro. L’energia rinnovabile in Giappone è costosa, quindi produrre idrogeno verde in Giappone non sarà economico. Alla fine l’unica alternativa è importare dall’Australia lo sporco idrogeno grigio, che spesso è peggio per il pianeta di qualunque cosa stia sostituendo.
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L'articolo Terremoto in Toyota? E’ il flop dell’idrogeno in Giappone proviene da Vaielettrico.