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02 Dec 09:54

Perché SaluteLazio ha il tracciamento di Facebook e Google nell’area privata e chiede di accettare un’informativa privacy che non esiste?

by Paolo Attivissimo

Salutelazio.it, il sito del sistema sanitario regionale della Regione Lazio, ospita tracciatori di Facebook e di Google nell’area privata. Lo segnala Eugenio Petullà, mostrando queste immagini:


Le immagini pubblicate da Petullà mostrano che nel codice HTML dell’area privata è presente il codice del Facebook Pixel, che è il sistema di tracciamento di Facebook, e c’è un link a Google Analytics. Questo sembra indicare che l’utente viene tracciato da Facebook e da Google anche nella sua sessione sanitaria privata.

Non sono utente di SaluteLazio, per cui non posso verificare questa segnalazione (di cui non ho motivo di dubitare). Se potete farlo voi, segnalatemelo nei commenti o in privato via mail (a paolo.attivissimo@gmail.com).

È assolutamente folle che un ente sanitario pubblico immetta un tracciatore commerciale nel proprio sito.

Ieri ho chiesto chiarimenti via Twitter a SaluteLazio e oggi ho scritto una PEC al DPO indicato nell’informativa sulla privacy: finora non ci sono risposte.

Intanto Petullà ha scoperto che l’informativa sui cookie di SaluteLazio porta al nulla. Se ci si collega al sito per la prima volta (o in navigazione privata), compare infatti la richiesta di accettare i cookie, accompagnata dal link Leggi l’informativa cookie completa; ma questo link porta semplicemente a salutelazio.it (l’HREF è vuoto, nota Camelia Boban; copia permanente). 

In altre parole: Salutelazio.it chiede agli utenti di accettare un’informativa che non esiste.

Ci fanno una testa così con la tutela della privacy e il GDPR, e poi fanno sconcezze ridicole come queste.

Intanto, se volete farvi un’idea di quanto sia invasivo e pervasivo il tracciamento commerciale effettuato da Facebook (con il consenso dei vari siti), provate a sfogliare la vostra Attività fuori da Facebook, che “include informazioni che aziende e organizzazioni condividono con noi sulle tue interazioni con loro, ad esempio quando visiti le loro app o i loro siti web”

Sarà interessante scoprire perché la Regione Lazio manda a Facebook informazioni sulle interazioni degli utenti con il sito e in particolare con la sezione dedicata alla salute.

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
17 Nov 11:33

Giovanili Faenza calcio, weekend non esaltante: sorridono solo i più piccoli

Giovanili Faenza calcio, weekend non esaltante: sorridono solo i più piccoli

L’Under 19 Juniores del Faenza di Nicola Cavina rimane a riposo forzato per il ritiro dal campionato dell’Alfonsine. Ritorno in campo sabato 20 novembre (ore 15) al “Bruno Neri” con il Cotignola. L’Under 17 Elite (2005)...

24 Apr 14:49

Coronavirus, “scegli calabrese”: la campagna del vicepresidente Spirlì coi loghi di Regione e Lega. E la foto di un supermercato finlandese

by Lucio Musolino

Ha invitato a consumare calabrese pubblicando una foto di un supermercato di una catena finlandese. Il tutto mettendoci il logo della Regione e della Lega. È l’ultima trovata di Nino Spirlì, il vicepresidente della Calabria che aveva promosso sui social la campagna Scegli calabrese. Il passato è d’obbligo perché, dopo le polemiche scatenate, l’esponente leghista ha già fatto sparire dai suoi profili social quelle foto dalle quali ha preso le distanze anche la stessa Lega.

“Non abbiamo prodotto questa campagna (il logo inoltre non è nemmeno quello corretto)”, si sono affrettati scrivere in una nota i responsabili regionali del Carroccio. Il dibattito era ormai era partito e, daal Pd passando per il Movimento Cinque Stelle, tutti hanno puntato il dito contro Spirlì, giornalista, scrittore, editore, opinionista e autore televisivo, un tempo esponente di Forza Italia – quando a Taurianova ha intitolato un circolo a Dudù, il cane di Silvio Berlusconi – e oggi ras della Lega in Calabria e proprio per questo imposto da Matteo Salvini alla governatrice Jole Santelli.

“A questo serviva l’ingresso della Lega nel governo della Regione Calabria?”, si domanda il consigliere regionale Pippo Callipo, che il centrosinistra aveva candidato come governatore. “A usare i prodotti calabresi e il logo istituzionale della Regione per fare propaganda a un partito che, tra l’altro, ha sempre disprezzato noi e la nostra cultura? – continua – Se si vuole sostenere chi produce e chi consuma calabrese lo si faccia con atti concreti, non con ‘campagne’ che fanno emergere solo luoghi comuni e scarso senso delle istituzioni”.

Dello stesso avviso è la deputata Cinquestelle Federica Dieni secondo cui “è inaccettabile che la Lega calabrese usi il simbolo della Regione per fare spicciola propaganda di partito”. “È davvero inopportuno e politicamente scorretto – ribadisce la Dieni – che il simbolo del movimento di Salvini venga associato a quello della Regione, in quella che può apparire come una sorta di leghistizzazione della principale istituzione della Calabria”.

I consiglieri regionali del Pd Luigi Tassone, Domenico Bevacqua, Nicola Irto, Carlo Guccione e Libero Notarangelo hanno presentato un’interrogazione alla Santelli – che ancora non ha risposto – sostenendo che l’iniziativa di Spirlì è “motivo di confusione fra il ruolo istituzionale e quello dei partiti politici”. Per il vicepresidente nazionale del Codacons Francesco Di Lieto si tratta di “squallidi simboli della Lega sui manifesti della Regione”.

“Immaginiamo – aggiunge – il tonfo al cuore che avranno provato i separatisti lumbard nell’osservare il ‘loro’ Alberto da Giussano che invita a ‘scegliere calabrese’. Imbarazzante, poi, la circostanza che lo scontrino che campeggia nel manifesto, riguardi un cetriolo finlandese e ricorda molto quelli emessi da una nota multinazionale tedesca”.

L'articolo Coronavirus, “scegli calabrese”: la campagna del vicepresidente Spirlì coi loghi di Regione e Lega. E la foto di un supermercato finlandese proviene da Il Fatto Quotidiano.

02 Oct 08:06

Wireless Network Watcher 2.15

Wireless Network Watcher is a small, lightweight utility, which scans your wireless network and then displays a list of all devices that are currently connected to your network. The app shows detailed information about any connected device including: IP address, MAC address, the network card manufacturer, and (optionally) the computer name. ...
06 Feb 10:03

Progresso o regresso? E’ cambiato tutto, evviva

by Danilo Masotti

E’ cambiato tutto, evviva!

Si, lo so che avete visto l’ultima puntata di Report, poi siete andati a letto incazzati e la mattina dopo, vi siete svegliati alla solita ora, avete fatto la solita colazione, la solita cacca, vi siete vestiti, siete andati a lavorare su internet in qualche ufficio affrontando un’ora di traffico, avete fatto le solite chiacchiere alla macchinetta del caffè dove qualcuno ha detto “Non è cambiato niente” e gli avete pure dato ragione.

No, è qui che vi sbagliate.

E’ cambiato tutto.

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di essere messi così? Di giocare di continuo con degli smartfon, di andare a fare la maratona di New York, di cliccare “mi piace” su una foto di Gianni Morandi che butta un sacchetto della spazzatura nel “bidone del rusco” (il cassonetto)?
Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, voi e la vostra amica babbiona coetanea di farvi un selfie, tipo quando vi facevate le fototessere a quindici anni?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di lavorare gratis e dire “è un’opportunità”?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di guardare il film di prima visione in streaming, sdraiati su un letto con un computer portatile (o un tablet) insieme al vostro gatto?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di inviare una foto del vostro gatto alla vostra ex fidanzatina delle medie (vi siete ritrovati grazie a Facebook) che ora vive in Australia da sola insieme a un cane?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di uscire con un bambino di tre mesi e portarlo con voi in osteria?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di vedere ancora La Pimpa, Barbapapà, Doraemon in televisione?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di essere mantenuti dai vostri genitori, pur avendo un lavoro?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di avviare una startup bio e di diventare degli spietati imprenditori che non assumono con regolare contratto a tempo indeterminato perché “un dipendente costa un casino e guadagna più di me”?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di guardare le previsioni del tempo e aver paura della neve, del caldo, della pioggia o delle nuvole?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di andare in bici, sentirvi fighi e dare degli sfigati ai vostri amici retrogradi che usano ancora l’automobile?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di andare a vedere il concerto dei Rolling Stones insieme ai vostri genitori?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di lamentarvi della crisi mentre su internet progettate il vostro viaggio di un mese con “Avventure nel mondo” in Nepal insieme agli amici del liceo?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di sentirvi più giovani di quando eravate giovani ?

Avreste mai pensato a quasi cinquant’anni, ma anche solo a quaranta, di essere così felicemente deficienti?

Meglio così, poteva andare decisamente peggio.

Mai stati meglio, altroché.

E’ cambiato tutto.

Evviva.

24 Nov 16:16

Sneaker Stories: le origini

by Michele De Rosa

“Finalmente il countdown è giunto a conclusione, la lunga e snervante attesa è finita: una nuova stagione NBA è…”

Alzi la mano chi, almeno una volta nell’ultimo mese, non ha letto qualche articolo dedicato al basket pro americano con un’introduzione simile a questa.

Io stesso ho consumato il tasto backspace della mia vecchia tastiera; infatti, puntuale come l’acidità post natalizia, quella frase si riproponeva ciclicamente. A darmi la spinta giusta dopo essermi ingolfato varie volte è stato lo “spam” della posta elettronica o, per esser più preciso, l’Oggetto di due fra le tante noiose mail: “Basketball never stops” e “Basketball is everythings”.

Durante l’offseason, la lega cestistica americana si affida alle sapienti mani di Mark Tatum (Vice Presidente del settore Marketing Partners della NBA ) e al suo team, alla costante ricerca di nuovi e floridi mercati dove affondare le radici ed aumentare le risorse per la stagione successiva. Di pari passo e con lo stesso obiettivo si muovono tutti i main sponsor legati al basket, avvalendosi della presenza attiva delle stelle del circus.

L’abbinamento campione/moda è un connubio vincente, da sempre. Gran parte degli astri di questo sport sono diventati vere e proprie icone per milioni di fans sparsi nel mondo, perdurando nell’immaginario collettivo anche dopo il ritiro dalle scene sportive.

I grandi brands, hanno spostato (da tempo immemore) le proprie attenzioni su questo aspetto, stipulando onerosi accordi pur di beneficiare dei servigi del giocatore. Ormai ogni stella affermata ha una linea di abbigliamento creata in collaborazione con un marchio, a suggellare il proprio status symbol.

Per osmosi, a beneficiare “dell’ immortalità” sono stati soprattutto i prodotti indossati e pubblicizzati dall’atleta nel suo periodo di massimo successo.

Con il passare del tempo, il gioco del basket ha subito profondi mutamenti: atletici, tecnici e regolamentari; questi cambiamenti non si sono limitati al solo gioco anzi, hanno coinvolto molti altri settori. In particolare il mondo delle scarpe si è dovuto adattare alle richieste incessanti provenienti dal mondo della palla a spicchi smaniosa di utilizzare prodotti tecnologicamente sempre più estremi

Dalla sneaker alta in tela al futuristico utilizzo di schiume sintetiche: nella storia della scarpa da basket c’è stata un’evoluzione incredibile sia nei materiali che nel design.

Migliaia di modelli hanno invaso il mercato, poche centinaia hanno fatto scuola, una decina sono rimaste nella storia…

In questa giungla di prodotti, mi son affidato alla collaborazione di un esperto del settore: Alberto Gerin della redazione di SNKRBX, il quale, con grande pazienza e professionalità, ha selezionato i modelli che più hanno influenzato la cultura americana e non solo, tanto in ambito sportivo quanto sociale

Chuck Taylor All Star

1963 - Bill Russell - Boston Celtics

1963 – Bill Russell – Boston Celtics

Presente sul mercato sin dai primi decenni del ‘900, la All Star, può essere definita la capostipite di ogni scarpa da basket dei successivi 90 anni.

Si tratta di un prodotto innovativo per l’epoca: la tomaia (parte superiore) è realizzata con una resistente tela, la suola è completamente in gomma, elemento in grado di fornire maggior grip sul parquet rispetto al cuoio, unico materiale usato per le calzature sino a quel momento.

L’ingresso sul mercato di un prodotto così innovativo è accolto con scetticismo da molti, ma non da tutti: Charles Hollis “Chuck” Taylor (all’epoca giocatore alla Columbus High School) rimase letteralmente folgorato da questo “gioiello”, tanto da presentarsi nel 1921 a Malden in Massachusetts (sede ufficiale della Converse) in cerca di un impiego.

Taylor ha la stigmate del venditore e un anno più tardi ha l’intuizione geniale di creare il Converse Basketball Yearbook un annuario (pubblicato fino al 1983) contente le foto dei campioni e degli allenatori dell’epoca con indosso le Converse.

Nel 1932 per rendere omaggio al grande lavoro fatto da Taylor, Converse crea un modello a lui dedicato: vedono la luce le famose ALL STAR CHUCK TAYLOR. La Nba stessa rende omaggio al grande Chuck inserendolo nella Hall of Fame di Springfield riconoscendogli i meriti legati alla divulgazione e promozione del gioco.

Presenti sin dalla prima “palla a 2” BBA (antenata della NBA) del 1946, sono in seguito diventate le scarpe “ufficiali” (più popolari) del basket fino agli anni ’70; con il progresso tecnologico la converse All star ha ceduto il passo a modelli più performanti e confortevoli. Anche se in NBA non ne troviamo più traccia questa calzatura è diventata una delle sneaker casual e lifestyle più popolari di sempre.

1965 - W.Chamberlain - Philadelphia 76ers

1965 – W.Chamberlain – Philadelphia 76ers

1970 - Wills Reed - New York Knicks

1970 – Wills Reed – New York Knicks

 

Adidas Superstar

Anni ’70: nel mondo sportivo ed in particolare nella pallacanestro, sbarca uno dei più importanti marchi della storia di questo sport.

L’intento di Adidas è di porre fine all’egemonia (incontrastata) di Converse, proponendo un modello di scarpa fino a quel momento inconcepibile per il parquet: una sneaker dal taglio low, tomaia completamente in pelle e l’aggiunta del famoso shell-toe (la punta fatta completamente di gomma).

In poco tempo questo modello attira la curiosità di alcuni giocatori NBA: Kareem Abdul Jabbar è la prima superstar ad affidarsi a questa scarpa; lo seguirà circa il 75% dei giocatori della lega.

1971 - Kareem A. Jabbar - Bucks

1971 – Kareem A. Jabbar – Bucks

1972 - Jerry West - Lakers

1972 – Jerry West – Lakers

1973 - Lenny Wilkens - Cleveland Cavaliers

1973 – Lenny Wilkens – Cleveland Cavaliers

 

1973 - Walt Fraizer - New York Knicks

1973 – Walt Fraizer – New York Knicks

Puma Clyde

Nel 1973 , Puma fa il suo ingresso nel mondo della palla a spicchi.  Il modello proposto è identico a quello lanciato qualche anno prima da Adidas, l’unica differenza risiede nel materiale di fabbricazione, pelle/scamosciato e suola in gomma più consistente.

Un’entrata in punta di piedi dunque, di certo queste sneaker non saranno ricordate come un oggetto rivoluzionario, eppure meritano un posto nella storia del basket: si tratta delle prime signature shoes di sempre nella NBA.

Queste prime e uniche Puma firmate Clyde, sono create su misura per Walt Frazier, playmaker fenomenale dei New York Knicks. La casa d’abbigliamento tedesca scelse infatti di “gommare” solo Walt in quanto reincarnazione del mix perfetto tra prestazione e stile.

In campo Clyde è un talento cristallino capace di dirigere magistralmente uno squadrone come i Knicks, portandoli 2 volte al titolo; fuori dal parquet è un ribelle della moda, ha ridefinito lo stile indossando cappelli a tesa larga e abiti su misura, un pioniere. Fu soprannominato Clyde perché solito portare il cappello come Clyde Barrowin, personaggio interpretato da Warren Beatty, in “Gangster Story”, film nel 1967.

clyde

 

Converse Pro Leather

1976: anno di svolta per il basket professionistico americano. Dopo circa una decade di accesa rivalità la ABA dichiara bancarotta, tutto a beneficio della NBA , lega rivale in grado di offrire dollari sonanti alle nuove star provenienti dalla defunta American Basketball Association: ricchi proventi ottenuti dalle molteplici sponsorizzazioni attratte dalla copertura televisiva di cui la NBA dispone.

Lo stesso anno il panorama cestistico è segnato dal grande ritorno di Converse pronta a rilanciarsi sul mercato con un modello rivoluzionario rispetto alle vecchie All Star. Le Converse Pro Leather infatti sono un ritorno al taglio High, un’attenzione allo sviluppo tecnologico come mai prima, caratteristica che laurea Converse leader nella ricerca tecnica: la scarpa è in pelle, suola gommata con particolari cuciture laterali e anteriori, per renderla più adatta e confortevole ai movimenti rapidi dei giocatori.

Molto più vicine alle sneakers da basket odierno di quanto lo siano tutte le altre contemporanee, nel 2011 sono state definite “la scarpa che più di ogni altra ha inaugurato l’era moderna nella calzatura da pallacanestro”.

Per un rientro in grande stile, l’azienda di Malden ingaggia come testimonial ufficiale il primo “uomo volante” tale Doctor J. al secolo Julius Winfield Erving II. Giocatore pazzesco, capace di unire una tecnica sublime ad atletismo ed esplosività impressionanti: “chi non ha mai visto una clip con una sua schiacciata? Ok non ti voglio neanche conoscere!” le sue giocate, non va dimenticato, fanno il giro del paese grazie alle dirette televisive creando sempre più proseliti.

Lo si può tranquillamente definire l’antesignano delle generazioni future, a rendergli questo onore ci penserà Michael Jordan in persona dichiarando in un’intervista: ” Senza Doctor J non sarebbe mai esistito MJ”. Oltre ad essere un atleta straordinario, Julius Erving è un vincente nato, il suo palmares è sempre disponibile a ricordarcelo. Per il basket e la Converse, si tratta dell’uomo giusto al momento giusto.

Il Successo portato in dote dal giocatore di Philadelphia è clamoroso, Pro Leather è la scarpa del momento e del futuro, tutte le stelle NCAA e NBA degli anni ’80 ( Erving Johnson, Larry Bird, Isiah Thomas, Mark Aguirre, Mc Hale, Bernard King…) ne calzano un paio.

 

ervingj

 

 

To be continued…