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16 Aug 09:39

Dopo il runner, il nuovo nemico pubblico numero uno è il turista in Grecia

by Davide Piacenza

Io non renderei pubbliche le mie vacanze in Grecia…” risponde corredando di tre puntini ambigui un utente a Germano Dottori, docente dell’università Luiss la cui unica colpa è aver pubblicato su Twitter qualche fotografia delle spiagge di Lefkada, isole Ionie a una manciata di chilometri dalla costa calabrese. E l’obiezione in questione non è certo l’unica: con una rapida ricerca sul social network si trovano apprezzatissime (a livello di like) esternazioni di pubblica condanna dei vacanzieri mediterranei: “In questo momento chi sta uscendo dall’Italia per fare le vacanze in Grecia, Spagna, Malta è un coglione” twitta sentenzioso Diomede;  “quando lo capirete che dovete rimandare i vostri viaggi del cazzo” gli fa eco in caps lock (qui redatto) un altro frequentatore del bar sport.

Perché trattare la più classica e innocua delle foto agostane come se fosse la ricevuta di un bonifico allo Stato islamico? La realtà è che siamo arrivati alla nuova mirabolante fase di un processo iniziato a marzo – quando i vigilantes della passeggiatina guardavano agli sparuti runner come ad armi di distruzione di massa – e proseguita con le riaperture di maggio, quando sul banco degli imputati di reato di epidemia sono finiti i giovani della cosiddetta movida. Oggi come allora, i freddi numeri dei bollettini dei contagi vanno spiegati, razionalizzati e digeriti: e cosa meglio di un caro vecchio capro espiatorio può esorcizzare lo spettro della temibile seconda ondata? Se succederà, sarà colpa loro.

Il Messaggero, 10 agosto 2020

Non è un caso che i giornali, fiutata l’aria, puntino forte sulle notizie di contagi registrati dopo il rientro dall’estero, con titoli che concorrono ad associare le vacanze spensierate dei giovani (sempre loro: i giovani, rigorosamente impulsivi, negligenti e pericolosi per la salute pubblica). Poco importa che i numeri, ancora una volta, raccontino una realtà non così emergenziale come quella di cui si legge: la Federazione italiana associazioni imprese viaggi e turismo stima che al momento “circa 10mila italiani si dividono tra Spagna e Grecia, e a seguire Croazia e Malta”, su un paese di 60 milioni di abitanti (nel 2019, per fare un raffronto, soltanto per la Grecia è passato più di un milione e mezzo di turisti italiani).

Il 12 agosto il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che impone il tampone a chi rientra da Grecia, Spagna, Malta e Croazia: una misura che dovrebbe metterci al riparo da comportamenti scriteriati che ovviamente – è inevitabile – non mancheranno. Ma nemmeno questo sembra bastare ai virologi di Twitter con un penchant per la morale: chi osa concedersi una vacanza a Rodi e Corfù sta mettendo in pericolo la salute degli altri, senza se e senza ma, e va per questo additato (e forse anche flagellato sulla pubblica piazza).

Si potrebbe obiettare anche che i dati di contagio della Spagna sono a tutti gli effetti preoccupanti, e dovrebbero scoraggiare ogni persona armata di buonsenso dal mettere in pericolo la propria e l’altrui incolumità con un viaggio a Barcellona, ma quelli greci non hanno mai superato la soglia di 200 nuovi contagi al giorno (il 21 aprile, quando in Italia registravamo un +2800 casi rispetto alla giornata precedente, dalle parti di Atene i dati dicevano +156). Non è che forse i nostri giovani scriteriati si sono scambiati il coronavirus prima di partire, all’interno dei patri confini?

Certo, non è una questione di nazionalismo, anche se la politica ha fatto di tutto per renderla tale: sembra ieri – ma era fine maggio – quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio commentava la notizia della parziale riapertura del turismo greco, che non comprendeva ancora l’Italia per motivi epidemiologici, con tutto l’armamentario retorico del maschio alfa alla Farnesina: “Esigiamo rispetto”, “se qualcuno pensa di trattarci come un lazzaretto allora sappia che non resteremo immobili. La pazienza ha un limite”, eccetera eccetera. Gli faceva eco il governatore del Veneto Luca Zaia, con un non meno eloquente: “La Grecia nei confronti dell’Italia ha avuto un comportamento assolutamente riprovevole. Per noi le frontiere sono aperte a tutti. Se fossi il ministro degli Esteri sarei già ad Atene”. Poi Di Maio ad Atene ci è effettivamente andato, la Grecia ha aggiunto l’Italia ai paesi da cui accetta turismo in entrata e – mirabile dictu – qualcuno ha iniziato ad andare in Grecia.

Oltre alle spiagge, il sole, il mare e le coste tra le più belle del mondo, a queste latitudini noi italiani vantiamo anche diversi primati di quella disciplina che un certo gergo tecnico partenopeo ha brillantemente definito chiagnere e fottere. Ed è un problema ben più grave di una settimana a Zante, credetemi.

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26 Jul 05:15

Trailer di lancio di Mega Man X Legacy Collection 1 & 2

by NewsBot2

Capcom ha pubblicato il trailer di lancio per il suo Mega Man X Legacy Collection 1 & 2.

Mega Man X Legacy Collection 1 & 2 è una speciale collection che include tutti i capitoli della celebre serie Capcom dal X1 al X8. Di seguito il trailer per la versione Switch.

 

 

 

Trailer di lancio di Mega Man X Legacy Collection 1 & 2 è stato pubblicato per la prima volta su Lega Nerd. L’utilizzo dei testi contenuti su Lega Nerd è soggetto alla licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Altri articoli dello stesso autore: NewsBot2

06 Oct 09:52

Sorci Verdi, non è un paese per Late Show

by Gianmaria Tammaro

sorciverdi_wired2

Non è riempiendo una sala con un pubblico giovane che si fa un buon late show. E non basta nemmeno circondarsi di un gruppo di autori capaci per riuscirci. Serve aprire gli occhi; serve capire che il late show, quello all’americana, è un’altra cosa. Non è un varietà e non è nemmeno un’alternativa a Che tempo che fa di Fazio (con tutto il rispetto, Fazio, il tuo non è un late show; e in un certo senso va bene così).

Il vero late show è, come suggerisce il nome, un programma che a) va in onda la sera tardi e b) offre un’alternativa a tutto il resto del palinsesto. E Sorci Verdi, questo, non lo fa (per una recensione più puntuale, leggete il post di Jessica Camargo Nolano, sempre su Wired). Non offre una vera alternativa. È troppo, e male, costruito.

Dentro ci sono tutte le battute e i luoghi comuni di cui stampa e critici, di prima e ultima ora, ci hanno reso partecipi negli anni: la RAI vecchia e stantia, la RAI che non sa pensare al futuro; la RAI che i giovani non li vuole accontentare. Posso capire, poi, che sia difficile fare un programma in diretta – in pochissimi, anche negli USA, riescono ad andare in onda live. Ma se il montaggio finale è questo, con battute e parole tagliate, con stacchi di camera senza senso, è meglio sbagliare in diretta, davanti al pubblico, che incollare male – malissimo – i vari pezzi.

Sorci Verdi non fa ridere – o meglio, non fa ridere chi, certe cose, certe battute e certi sketch, li ha già visti. E non è nemmeno un programma, come l’ha definito coraggiosamente qualcuno, per gli addetti ai lavori. I “veri addetti ai lavori” sono andati oltre da almeno cinque anni. Breaking Bad non è più la serie di riferimento; ora tocca a Netflix e alla HBO.

Essere politicamente scorretti, e cioè mostruosamente onesti, non è facile e non è nemmeno consigliabile; e qualsiasi produttore di mamma RAI ti direbbe di non farlo. Ma allora non presentiamo Sorci Verdi come il programma che non è. Perché non funziona. Questa è la verità. I pochi momenti seriamente godibili sono gli interventi – le incursioni, anzi – del maestro Paolo Jannacci, figlio di Enzo, che resta, montaggio o no, spontaneo.

I vari contributi, video girati ad hoc e mandati in onda a sprazzi, sono inefficaci in televisione: seguono le regole del web, i loro tempi e, anche, la loro ironia; per cambiare, ci vuole una via di mezzo. Qualcosa che tenga conto anche di dove si è, e non solo di dove si vuole arrivare.

La presenza di Maria De Filippi che canta e parla di droga e unioni gay non è la mazzata finale alla tv vecchia e anni ’90, figlia di Uomini e donne e del Grande Fratello. Anzi, al contrario: è la sua celebrazione. Invitando la De Filippi alla prima puntata di un nuovo programma, il programma “alternativo”, si ammette subito, seduta stante, mani in alto e capo chino, la propria sconfitta: il futuro sarà uguale al presente, con gli stessi protagonisti e le stesse trovate.

Gli ingredienti di un buon late show, per tornare all’inizio, sono la spontaneità, la naturalezza; e pure laddove ci sia, e serva, una costruzione originale, pensata, ben scritta. Un hoster funziona non solo se è circondato, come ha detto J-Ax, da bravi autori; un hoster funziona se ha la capacità di improvvisare. La lista dei 5 oggetti più strani venduti su Amazon, una pallida e lontanissima imitazione della lista del Letterman Show, non è un requisito fondamentale del buon late show.

Chi ha centrato – più o meno – l’obiettivo è stato, per fare un nome, Saverio Raimondo, con la sua CCN: molto più vicino a Jon Stewart e a Stephen Colbert e a John Oliver. Oppure, con tutte le sue limitazione, Alessandro Cattelan: che ha preso il modello Fallon e ha provato a riprodurlo su Sky.

Sorci Verdi, semplicemente, non è l’alternativa e non è il “late show di cui avevamo bisogno”; è un programma come se ne sono visti tanti. Con pochissimi alti e tantissimi – mi dispiace dirlo – bassi.

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