Lo yogurtiano “fate l’amore con il lettore” potrebbe ben riassumere la vicenda: su Scrivo.(cattivissimo)me l’articolo di Confuso fa un breve sunto di quanto «ha detto Edoardo [Edoardo Brugnatelli direttore del sito] a un recente convegno, o workshop che dir si voglia, sull’editoria nell’era dei social media».
C’è anche un video, dura cinquantacinque minuti. Quando avrò cinquantacinque minuti liberi lo guarderò, o – conoscendomi – rimanderò nuovamente la visione e finirò per schiacciare un pisolino. Ecco perché occorre ringraziare Confuso: limita i danni e mi consente il meritato riposo.
Edoardo Brugnatelli – editor di Strade Blu Mondadori e molto altro – spiega ai colleghi che «i social media non sono un posto dove andare a vendere i libri» e chiarisce: «un Casanova predatore si aggira su un social network e aggancia la prima gentile fanciulla che trova. In maniera più o meno flautata – la invita in un motel. Giustamente si piglia un ceffone».
Già, succede proprio così: se il social è un n’do cojo cojo, il lettore comincia a temere per la propria incolumità. Deve già difendersi dal cugino Pierpirla che pubblica pagando e gli caccia sul diario il link all’acquisto e con lui tutta la tribù dei self che “chi fa da sé fa per tre”. E fa da sé spammando, tanto è gratis e i social sono nati per condividere. Soprattutto la spam e i gattini.
Secondo il sior Brugnatelli, «Uno degli errori che le aziende continuano a fare sui social è questo: interagiscono sui social come enti, come gruppi, come cose astratte. Non va bene. Quanti di voi hanno piacere a interagire con le voci registrate delle chiamate dai call center?», direi nessuno. È pur vero che ho anche visto dei matti parlare col segnale orario e altri mettere “mi piace” ai propri status su Facebook, ma solitamente la gente normale certe cose non le fa.
Ma vi dirò di più! Io, tanto per chiarire, ho persino difficoltà a prendere sul serio la Biblioteca tal de tali che m’invita alla presentazione di un libro edito a pagamento. E mica perché manca il nome del bibliotecario, eh?
Dunque, sempre a parere del sior Brugnatelli – e io gli do pienamente ragione –, i social, se usati bene, sono uno strumento indispensabile. Infatti, «ora tutti quelli coinvolti nel processo editoriale, finalmente, ascoltano la gente che legge i libri». Perfetto!, e noi lettori ne siamo felicissimi.
Resta da capire se i nostri consigli – le Sfumature ci hanno rotto, i vampiri sono non-morti perché spuntano da troppe copertine e i titoli Tiffany & zenzero si fanno sgranare come il rosario – daranno buoni frutti: riusciranno i lettori social a bloccare la proliferazione di roba fuffaria che richiede d’essere letta a cervello spento? Forse sì, ma anche no.
Andate a leggere l’articolo di Scrivo.(cattivissimo)me. Io, nel frattempo, vi spiego l’anche no.
Tra le tante cose dette dal sior Brugnatelli – e badate che le dice giuste e senza tante pippe –, manca ancora un passaggio. Una cosa che tocca noi blogger libreschi molto da vicino, soprattutto se abbiamo un manoscritto nel cassetto. Ovviamente sto parlando di recensioni, naturalmente negative, ché quelle buone piacciono a tutti gli editori.
Immagino che il sior Brugnatelli non ci abbia speso una parola perché è un problema che non si pone: Mondadori è un colosso, se dico male di un libro di Fabio Volo non faccio grossi danni. Il danno maggiore è far scrivere Volo, mettiamola così. E non intendo un danno economico, sia chiaro. Volo vende e vende bene, come le bibite gassate. Questione di zuccheri, immagino.
Ma torniamo alla faccenda delle stroncature libresche e dei poveri blogger che – ma davvero non lo sapete? No, dai, non ci credo! – vengono infilati nella lista nera degli editor. Che bello, come suona bene quel lista nera! Ho sempre pensato snellisse moltissimo.
Sia chiaro che non è cosa che imputo a Mondadori o a qualcuno in particolare, però il file Excel col nome del tizio, email e provenienza, pare proprio esistere. Il file in questione attesta che in giro ci sono lit-blogger poco inclini all’inchino, blogger/scrittori che potrebbero risultare antipatici in corso d’editing o antipatici e basta. Odiosi per aver stroncato un libro.
I lit-blogger sono lettori forti, spesso fortissimi. Se non lo sono, dovrebbero chiudere il blog: stanno perdendo tempo e ne fanno perdere a chi passa di lì. Quindi, se gli editori finalmente ascoltano il lettore, non dovrebbero farsi venire l’ulcera se il blogger/lettore – lettore fortissimo – racconta cosa, a suo parere, non va in un romanzo. Trattasi d’informazione che potrebbe tornare utile a tutta la filiera, dall’autore in poi. Utile, utilissima. Eh, come no!
La mia personale esperienza dice che raramente gli editori – soprattutto piccoli e medi – apprezzano questo genere di recensioni. A quanto vedo in giro – e di web me ne sparo una bella dose –, gli editori smettono d’inviarti libri “in regalo” se le tue recensioni non sono sòle cuore e amore. Problema che qui abbiamo azzerato fin da subito: non accettiamo libri aggratis, da nessuno e per nessun motivo.
Ma perdere la tetta – del libro – da mungere è il problema minore, la nota dolente suona stridula quando le stroncature comportano l’essere messi nell’angolo dei cattivi soggetti. Posticino buio e scomodo dove gli editori non verranno a ripescarti. Hai fatto il mona, non hai giocato secondo le regole: in editoria si è tutti amici, o almeno occorre raccontarla così. Perché gli amici hanno amici, i contatti hanno contatti e gli editor – e gli editori – ti leggono sui social. E se non stai al gioco… vai a farti pubblicare dal tipografo.
Ricorda un po’ il portarsi via il pallone quando la partitella in canonica butta al peggio, non trovate?
Archiviato in:
Giramenti quotidiani Tagged:
editori,
lit-blog,
recensioni,
Scrivo.me,
social network,
stroncature